Ancora nessuna conferma e nessuna smentita alla notizia che l’ ex Comandante della Gendarmeria Marcello Biagioli e il figlio Carlo di professione avvocato, sarebbero indagati per falso ideologico. L’accusa, nei loro confronti, sarebbe quella di avere modificato il foglio di servizio compilato da due gendarmi per dimostrare che Stefano Virgili, il principale autore della storica rapina da 50 miliardi al palazzo di giustizia di Roma, nella notte tra il 16 e il 17 luglio del 99, sarebbe stato fermato per un normale controllo stradale a San Marino, proprio da una pattuglia della gendarmeria. Impossibile contattare i protagonisti della vicenda. Vana la ricerca di conferma da parte del Tribunale sull’apertura di una inchiesta anche della magistratura sammarinese, sebbene circoli con insistenza la voce che il fascicolo sia aperto da tempo, da quando cioè, il Tribunale di Perugia ha riconosciuto Virgili colpevole della rapina e il documento che avrebbe potuto fornirgli un alibi sarebbe stato smentito dai due gendarmi chiamati a testimoniare. I militari, oltre a negare di averlo fermato avrebbero attribuito a qualcun altro le annotazioni contenute nel foglio di servizio di quella sera. Entro settembre dovrebbero essere noti i risultati della perizia calligrafica disposta dai magistrati di Perugia. Il colpo al caveau del Palazzo di giustizia romano è stato definito un furto su commissione, eseguito con la complicità di 5 carabinieri. I ladri avevano una lista di cassette di sicurezza da forzare. Il sospetto è che i mandanti volessero raccogliere materiale per ricattare giudici romani. Su quel colpo dal bottino imponente e mai ritrovato (documenti, cocaina, gioielli per 40 miliardi e soldi per 10) i magistrati perugini sanno abbastanza da avere spedito in galera 20 persone e ricostruendo un complesso mosaico criminale: tra guardie e ladri spiccano i nomi di esponenti della banda della Magliana, l’ex terrorista nero Massimo Carminati, avvocati massoni e collaboratori dei servizi segreti.
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