
È una bocciatura senza appello quella che le tre sigle sindacali sammarinesi – Csdl, Cdls e Usl – riservano all’ipotesi di riforma tributaria messa in campo dal Governo. Le organizzazioni puntano il dito contro un’impostazione che, se confermata, colpirebbe duramente i lavoratori dipendenti, i pensionati e in particolare i frontalieri.
La trasformazione delle attuali deduzioni fiscali da 9.000 euro – oggi suddivise tra no tax area e spese tracciate – in detrazioni legate esclusivamente alla tracciabilità SMAC, secondo i sindacati, comporterebbe “una vera e propria stangata”. Il meccanismo proposto prevede infatti una detrazione pari al 12% delle spese effettuate in territorio, fino a un massimo di 1.080 euro annui. Il Segretario di Stato per le Finanze ha ipotizzato un aumento al 15%, ma per i sindacati non è questo il punto.
“Per mantenere gli attuali benefici fiscali, un lavoratore part-time che guadagna poco più di 1.000 euro al mese dovrebbe spendere quasi 8.000 euro in un anno”, denunciano le sigle. “Un’assurdità che colpisce proprio chi ha meno capacità di spesa e che, per risparmiare, spesso è costretto ad acquistare fuori territorio”.
L’esempio di un dipendente industriale al 4° livello evidenzia come, anche tracciando il massimo previsto di 9.000 euro l’anno, si pagherebbero comunque più tasse rispetto a oggi. Per i sindacati, si tratta di un modello che premia solo chi può permettersi consumi elevati, mentre ignora completamente il calo del potere d’acquisto registrato negli ultimi anni.
A tutto ciò si aggiunge la contestata ipotesi di raddoppio delle imposte sul TFR, giudicata inaccettabile anche se presentata come “a basso impatto”. I sindacati chiedono invece un intervento radicalmente diverso: l’aumento delle deduzioni in base all’inflazione, il mantenimento del sistema misto tra no tax area e SMAC, e una redistribuzione fiscale che colpisca chi ha beneficiato della crescita di ricchezza, non chi vive di stipendio o pensione.
“Non solo le tasse non devono aumentare”, affermano Csdl, Cdls e Usl, “ma devono essere ridotte, a partire dal reinvestimento delle somme indebitamente incassate dallo Stato. Il Governo sta sbagliando strada: serve equità, non nuove penalizzazioni per chi ha già pagato il prezzo più alto della crisi.”