
"Numerosi zii e cugini vivono a Shiraz dove anche io mi trovavo meno di un mese fa. Armi e battaglie non portano mai a qualcosa di buono". Così Jamil Sadegholvaad, sindaco di Rimini, di padre iraniano, in un'intervista al Corriere di Romagna e al Resto del Carlino esprime preoccupazione per una parte della sua famiglia che vive in Iran sotto il fuoco israeliano.
"Il mio pensiero - dice - va sia al popolo dell'Iran, colpito con ogni mezzo dagli attacchi dell'esercito israeliano, sia alla città di Shiraz che è già finita sotto attacco. Città, questa, della quale era originario mio padre, dove tuttora vivono molti dei miei familiari, fra cui numerosi zii e cugini, e dove io stesso mi trovavo meno di un mese fa. Un legame, quello che mi unisce all'Iran, che da sempre è molto forte e sentito, e non può che rinsaldarsi nel momento drammatico in cui i raid sono giunti improvvisi, nel bel mezzo di colloqui diplomatici in atto, peraltro rafforzati dai messaggi rassicuranti lanciati, per l'occasione, non solo dal presidente statunitense, Donald Trump, ma anche dagli stessi iraniani". "
Esprimo la mia vicinanza a un popolo che da troppo tempo vive il dramma della guerra. Avevo 8 anni quando mio padre rimase bloccato in Iran, allo scoppio del conflitto con l'Iraq. Doveva restare solo qualche settimana e invece non lo vedemmo per cinque mesi", ricorda. "Confido solo nella diplomazia perché in nessuno scenario di guerra nel mondo armi e battaglie portano mai a qualcosa di buono. Vale per qualunque popolazione, inclusa quella israeliana". Coi familiari "ci sentiamo continuamente - conferma - La situazione è molto preoccupante. Sono in ansia. Stanno bene, per fortuna, ma hanno sentito i bombardamenti e sono spaventati. E nessuno sa in questo momento come la situazione potrà evolvere".