La vicenda “crediti Delta” che ieri ha trovato la sua definitiva conclusione, chiude una delle più dolorose pagine della storia economica della Repubblica.
Il blocco dell’operatività e quindi il commissariamento della società di credito al consumo di Bologna, in cui Cassa di Risparmio aveva investito ingenti risorse, ha portato Delta in pochi anni al fallimento. Circa 1.000 posti di lavoro e alcuni miliardi di euro di valore, andati in fumo.
I motivi sono ancora da ricercare (indagini in corso da 10 anni), e pare che il principale capo di imputazione sia legato alla prevalenza nel capitale azionario di una società finanziaria di diritto italiano di un soggetto estero, Cassa di Risparmio appunto.
L’azione legale era stata promossa da uno dei più agguerriti avvocati italiani, consulente della Sopaf di Milano, proprietaria di un pacchetto di minoranza di Delta, che pretendeva di vendere a Carisp la sua partecipazione per 70 milioni di euro, mentre il valore reale non era superiore ai 40. I proprietari di Sopaf nel frattempo hanno subìto pesanti condanne del Tribunale italiano.
Nonostante ciò, in tutti questi anni, Cassa di Risparmio, non ha potuto mai esercitare un vero e proprio controllo su Delta. Durante gli anni del commissariamento non è stato possibile controllare i flussi (enormi) di crediti che venivano incassati spontaneamente, perché tutti in bonis, e dei quali solo una parte è stata poi riconsegnata, a partire dal 2013, alle banche creditrici e quindi anche a Cassa di Risparmio. Poi da quella data, con l’avvio del regime 182bis che consente la gestione ai creditori, Cassa di Risparmio, nonostante fosse il creditore più importante, è stata ammessa, solo dopo forti insistenze, a presenziare con una semplice partecipazione del 10% nella Società di Gestione Crediti Delta.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: solo il 50% dei crediti incassati è tornato nelle disponibilità degli effettivi creditori, l’altra metà, circa 600 milioni di euro, è andata dispersa fra costi di gestione, consulenze, attività di recupero, senza che Cassa di Risparmio abbia potuto incidere sulla gestione di un patrimonio che le apparteneva in gran parte.
Vorremmo ricordare che, nel contempo, le società italiane del credito al consumo, concorrenti di Delta, hanno ri-conquistato terreno, appropriandosi facilmente di quote di mercato molto redditizio, lasciate libere dalla società di Bologna.
Con la cessione del pacchetto “Arcade”, contenente una parte consistente dei crediti Delta residui, si chiude pertanto una tristissima vicenda che per Cassa di Risparmio ha comportato fortissime svalutazioni patrimoniali, ma finalmente è ora possibile scrivere la parola fine a questa storia che ha travolto l’economia dell’intero nostro Paese.
Ora, finalmente, si può ripartire.
Grazie alla deliberazione della Commissione Finanze, supportata dalle competenze messe in campo sia dalla vigilanza di Banca Centrale che dal management di Cassa di Risparmio, non si migliorano solo i parametri che rendono più solida la nostra più importante istituzione bancaria, ma si prelude alla chiusura dell’intera vicenda Delta che ha, in tutti questi anni, rappresentato uno degli elementi più gravi di disturbo delle relazioni finanziarie italo- sammarinesi.
Il provvedimento adottato non si limita ad un semplice nulla osta, ma indica la necessità di miglioramento delle relazioni con il ceto bancario italiano al quale viene chiesta preventiva condivisione del percorso intrapreso, il che rappresenta una sostanziale certificazione che il valore realizzato per i crediti venduti è congruo e in linea con il mercato.
Ma dalle banche italiane ci si attende anche un’azione comune per chiudere equamente partite pregresse come le fidejussioni e le lettere di patronage, lavorando nell’ottica di una chiusura anticipata del regime 182bis che costa ai creditori una marea di denaro e potrà invece far recuperare a Carisp un’altra importante parte di patrimonio.
Infine, molto significativo, l’incarico di vederci chiaro nelle gestioni della liquidazione di Delta per capire quale destinazione ha preso quell’enorme massa di denaro che non è tornata a casa.
Ora il Paese si attende dal CdA di Carisp e dalla sua direzione un piano di ristrutturazione che possa restituire alla banca, in pochissimo tempo, la forza per tornare ad essere pilastro dell’economia, definendo esattamente quale dovrà essere l’investimento dello Stato.
Il Paese attende inoltre azioni rivolte a recuperare partite complesse come quelle rappresentate dai crediti fiscali o eventuali recuperi dei crediti incassati a Bologna e non distribuiti.
Tutto ciò che verrà incamerato potrà aumentare l’attivo e rendere ancora più agevole il percorso di rilancio.
SSD ringrazia i tecnici di Banca Centrale e di Cassa di Risparmio, i Consiglieri della Commissione Finanze ed in particolare i membri designati dal gruppo consiliare di SSD che hanno sostenuto con coraggio scelte difficili e cruciali per l’intero Paese.
cs L’Ufficio Stampa
Il blocco dell’operatività e quindi il commissariamento della società di credito al consumo di Bologna, in cui Cassa di Risparmio aveva investito ingenti risorse, ha portato Delta in pochi anni al fallimento. Circa 1.000 posti di lavoro e alcuni miliardi di euro di valore, andati in fumo.
I motivi sono ancora da ricercare (indagini in corso da 10 anni), e pare che il principale capo di imputazione sia legato alla prevalenza nel capitale azionario di una società finanziaria di diritto italiano di un soggetto estero, Cassa di Risparmio appunto.
L’azione legale era stata promossa da uno dei più agguerriti avvocati italiani, consulente della Sopaf di Milano, proprietaria di un pacchetto di minoranza di Delta, che pretendeva di vendere a Carisp la sua partecipazione per 70 milioni di euro, mentre il valore reale non era superiore ai 40. I proprietari di Sopaf nel frattempo hanno subìto pesanti condanne del Tribunale italiano.
Nonostante ciò, in tutti questi anni, Cassa di Risparmio, non ha potuto mai esercitare un vero e proprio controllo su Delta. Durante gli anni del commissariamento non è stato possibile controllare i flussi (enormi) di crediti che venivano incassati spontaneamente, perché tutti in bonis, e dei quali solo una parte è stata poi riconsegnata, a partire dal 2013, alle banche creditrici e quindi anche a Cassa di Risparmio. Poi da quella data, con l’avvio del regime 182bis che consente la gestione ai creditori, Cassa di Risparmio, nonostante fosse il creditore più importante, è stata ammessa, solo dopo forti insistenze, a presenziare con una semplice partecipazione del 10% nella Società di Gestione Crediti Delta.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: solo il 50% dei crediti incassati è tornato nelle disponibilità degli effettivi creditori, l’altra metà, circa 600 milioni di euro, è andata dispersa fra costi di gestione, consulenze, attività di recupero, senza che Cassa di Risparmio abbia potuto incidere sulla gestione di un patrimonio che le apparteneva in gran parte.
Vorremmo ricordare che, nel contempo, le società italiane del credito al consumo, concorrenti di Delta, hanno ri-conquistato terreno, appropriandosi facilmente di quote di mercato molto redditizio, lasciate libere dalla società di Bologna.
Con la cessione del pacchetto “Arcade”, contenente una parte consistente dei crediti Delta residui, si chiude pertanto una tristissima vicenda che per Cassa di Risparmio ha comportato fortissime svalutazioni patrimoniali, ma finalmente è ora possibile scrivere la parola fine a questa storia che ha travolto l’economia dell’intero nostro Paese.
Ora, finalmente, si può ripartire.
Grazie alla deliberazione della Commissione Finanze, supportata dalle competenze messe in campo sia dalla vigilanza di Banca Centrale che dal management di Cassa di Risparmio, non si migliorano solo i parametri che rendono più solida la nostra più importante istituzione bancaria, ma si prelude alla chiusura dell’intera vicenda Delta che ha, in tutti questi anni, rappresentato uno degli elementi più gravi di disturbo delle relazioni finanziarie italo- sammarinesi.
Il provvedimento adottato non si limita ad un semplice nulla osta, ma indica la necessità di miglioramento delle relazioni con il ceto bancario italiano al quale viene chiesta preventiva condivisione del percorso intrapreso, il che rappresenta una sostanziale certificazione che il valore realizzato per i crediti venduti è congruo e in linea con il mercato.
Ma dalle banche italiane ci si attende anche un’azione comune per chiudere equamente partite pregresse come le fidejussioni e le lettere di patronage, lavorando nell’ottica di una chiusura anticipata del regime 182bis che costa ai creditori una marea di denaro e potrà invece far recuperare a Carisp un’altra importante parte di patrimonio.
Infine, molto significativo, l’incarico di vederci chiaro nelle gestioni della liquidazione di Delta per capire quale destinazione ha preso quell’enorme massa di denaro che non è tornata a casa.
Ora il Paese si attende dal CdA di Carisp e dalla sua direzione un piano di ristrutturazione che possa restituire alla banca, in pochissimo tempo, la forza per tornare ad essere pilastro dell’economia, definendo esattamente quale dovrà essere l’investimento dello Stato.
Il Paese attende inoltre azioni rivolte a recuperare partite complesse come quelle rappresentate dai crediti fiscali o eventuali recuperi dei crediti incassati a Bologna e non distribuiti.
Tutto ciò che verrà incamerato potrà aumentare l’attivo e rendere ancora più agevole il percorso di rilancio.
SSD ringrazia i tecnici di Banca Centrale e di Cassa di Risparmio, i Consiglieri della Commissione Finanze ed in particolare i membri designati dal gruppo consiliare di SSD che hanno sostenuto con coraggio scelte difficili e cruciali per l’intero Paese.
cs L’Ufficio Stampa
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