RETE su politiche abitative: sotto gli slogan, niente

RETE su politiche abitative: sotto gli slogan, niente.


In questi anni è emerso in modo dirompente come l’abitare sia uno tra i diritti negati ad una parte sempre più̀ significativa della popolazione.
Alle fasce tradizionalmente riconosciute come destinatarie, almeno sul piano formale, di un’abitazione di edilizia residenziale pubblica o comunque di forme di supporto pubblico, si sono aggiunte, nel corso degli anni Duemila, nuove e diversificate situazioni di disagio, che hanno coinvolto quote della popolazione che fino ad allora potevano considerarsi “al riparo” da questo tipo di problema: un universo variegato sotto il profilo socio-economico, culturale, che esprime una gamma articolata di istanze e di bisogni connessi alla casa e al ruolo che essa svolge nei percorsi di vita, di crescita e autonomia.
Un’ingiustizia sofferta in primo luogo dai più vulnerabili, tra cui i giovani, ma che coinvolge in misura crescente fasce sempre più ampie di popolazione, che per via delle loro condizioni non possono accedere e vivere in case dignitose, sicure, salubri ed economicamente sostenibili.
In tutto questo, la politica ha delle responsabilità ben precise perché spesso guarda, ma non vede e non fa.
Prendiamo ad esempio la Riforma del Catasto del 2015, in cui si prevedeva un osservatorio immobiliare. Mai realizzato, fino a marzo scorso con l’emanazione del Regolamento n.8/2024 derivante da un emendamento di RETE alla legge di bilancio.
Altri nostri emendamenti riguardavano: la locazione a canone concordato, l’istituzione di un equo canone concordato, disincentivi a tenere gli immobili sfitti. Le prime due misure servono ad incentivare i proprietari a rendere disponibili i loro locali. Il terzo, salvaguardando i piccoli patrimoni familiari, è volto anch’esso a rendere più “conveniente” mettere a disposizione un locale piuttosto che tenerlo “chiuso”.
Tutte proposte respinte.
Non solo, RETE aveva portato anche l’emendamento per “calmierare” il tasso dei mutui proponendo di fissare un tetto massimo al margine di guadagno delle banche, pari al 2%, come avviene nei territori limitrofi. Nell’ultimo decreto del governo i tassi sul mutuo sono arrivati quasi al 9%!
Anche in questo caso la nostra proposta è stata respinta. Purtroppo, è accaduto spesso che quando c’è da sostenere un intervento di sinistra, RETE venga lasciata sola da chi si dichiara riformista ma preferisce trattare il tema diritto all’abitare solo a colpi di slogan.
È ovvio che su una materia così delicata, in cui spesso gli interessi dei cittadini possono essere non coincidenti, occorre un approccio complessivo e sistemico, che sappia tutelare le necessità dei più fragili ma anche gli interessi dei proprietari di immobili. Occorre prima di tutto un quadro esatto della situazione, con dati precisi sul patrimonio immobiliare, a cui affiancare un piano per l’edilizia sociale e normative tuttora mancanti.
Insomma non bastano gli interventi spot della campagna elettorale, né un po’ di soldi buttati qua e là, tanto per far vedere che qualcosa si è fatto. Anche perché, in previsione di una prossima dimensione europea del nostro Paese, il problema della casa sarà un tema centrale. L’analisi e le proposte di RETE sono disponibili sul sito www.movimentorete.org .

Comunicato stampa
Movimento RETE

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