12 agosto 1944: l'eccidio di Sant'Anna di Stazzema
All'inizio dell'agosto 1944 Sant'Anna di Stazzema era stata qualificata dal comando tedesco come "zona bianca", ossia una località adatta ad accogliere sfollati: per questo la popolazione, in quell'estate, aveva superato le mille unità.
Alle prime luci dell’alba, alcuni reparti di SS accompagnati da fascisti e collaborazionisti salirono nel paesino dell’Appennino toscano e compirono una strage. Gli uomini del paese si rifugiarono nei boschi per non essere deportati, mentre donne, vecchi e bambini, sicuri che nulla sarebbe capitato loro in quanto civili inermi, restarono nelle loro case. Alle sette il paese era circondato. In poco più di tre ore furono massacrati 560 innocenti inermi, in gran parte bambini, donne e anziani. Chiusi nelle stalle dai nazisti vennero uccisi a colpi di mitra e bombe a mano. I Tedeschi diedero poi fuoco alle case per distruggere e cancellare ogni traccia e interrompere definitivamente ogni collegamento fra le popolazioni civili e le formazioni partigiane nella zona.
La memoria di quest’orrore divenne pubblica a metà anni Novanta, quando venne scoperto un armadio contenente centinaia di fascicoli archiviati sulle stragi nazifasciste in Italia. Cominciò allora un lavoro di ricerca che portò nel 2004 al processo contro i responsabili ancora viventi dell’eccidio di Sant’Anna. Il processo di concluse con la condanna all’ergastolo di dieci ufficiali e sottufficiali che avevano partecipato all’azione del 12 agosto 1944. La sentenza venne confermata in Appello e Cassazione, ma non potè mai essere applicata. Nel 2012 la procura di Stoccarda archiviò l’inchiesta dopo aver rifiutato l’estradizione delle ex SS. La motivazione era duplice: che non potesse essere dimostrata la partecipazione materiale dei singoli agli omicidi e che non era chiaro se l’attacco contro i civili del 16° SS Panzgranadier fosse stato deciso in risposta alle azioni partigiane.