Il 15 marzo del 44 a.C. - le idi di marzo - Giulio Cesare cade sotto i pugnali dei cospiratori, durante una seduta del Senato di Roma. Presero parte alla congiura più di 60 persone: dai nemici a cui aveva concesso la sua clemenza, dagli amici a cui aveva concesso onori e gloria e persino da coloro che aveva nominato eredi nel suo testamento. Tra loro anche il figlio adottivo Bruto, che poi Dante metterà all'inferno come simbolo di tradimento, insieme a Cassio, altro congiurato, e Giuda. Dopo aver conquistato nuove province e sconfitto Pompeo, Cesare - generale, oratore e scrittore - si apprestava a sopprimere la vecchia Repubblica: negli ultimi anni di vita era riuscito a farsi nominare «dictator» nel 49, carica poi rinnovata nel 47, divenuta decennale nel 46 e infine trasformata in perpetua dal 44. E' ritenuto da molti storici, contemporanei e non, il primo imperatore di Roma. L'eredità di Cesare viene raccolta da Ottaviano, suo nipote nonché altro figlio adottivo, che pensa di legittimare il proprio operato partendo proprio dalla glorificazione del suo prozio.
I congiurati si consideravano custodi e difensori della tradizione e dell’ordinamento repubblicani e dunque, per loro cultura e formazione, erano contrari a ogni forma di potere personale, almeno nella teoria. Dunque, temendo che Cesare volesse farsi eleggere re di Roma, decisero di ucciderlo colui che a tutti gli effetti consideravano un dittatore. In verità, per molto di loro, i motivi furono meno nobili: rancore, l’invidia e delusioni per mancati riconoscimenti e compensi.
I congiurati si consideravano custodi e difensori della tradizione e dell’ordinamento repubblicani e dunque, per loro cultura e formazione, erano contrari a ogni forma di potere personale, almeno nella teoria. Dunque, temendo che Cesare volesse farsi eleggere re di Roma, decisero di ucciderlo colui che a tutti gli effetti consideravano un dittatore. In verità, per molto di loro, i motivi furono meno nobili: rancore, l’invidia e delusioni per mancati riconoscimenti e compensi.
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