Giovedì 16 marzo 1978 alla Camera dei deputati era previsto il voto di fiducia per il quarto governo Andreotti che avrebbe avuto, per la prima volta, il sostegno dei comunisti del PCI. Il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro era il principale artefice della complessa manovra politica.
Quella mattina l'auto con a bordo Moro e quella della scorta furono bloccate all'incrocio con via Stresa da un gruppo di terroristi camuffato da ufficiali dell'areonautica che uccisero in uno scontro a fuoco i cinque uomini della scorta e sequestrarono l'allora presidente della DC.
Dopo 48 ore le Brigate Rosse rivendicarono l'attentato e il sequestro di Moro, diffondendo una foto dello stesso con alle spalle la famigerata "stella a cinque punte". Annunciarono che il presidente della DC sarebbe stato processato da "un tribunale del popolo" creando una forte reazione da parte dei cittadini che si si tradusse in cortei e manifestazioni contro la violenza brigatista.
La risposta delle istituzioni fu l'approvazione di una serie di "leggi speciali" per dare più poteri alle forze dell'ordine e agli investigatori nell'attività di contrasto al terrorismo. Nei 55 giorni successivi al sequestro si susseguirono comunicati della BR, ipotesi giornalistiche, polemiche politiche e appelli di importanti personalità come papa Paolo VI e il presidente degli Stati Uniti d'America, Jimmy Carter.
Il tutto terminò il 6 maggio quando le BR comunicarono l'esecuzione della condanna a morte. Il corpo di Moro fu rinvenuto il 9 maggio 1978 in via Caetani, nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, parcheggiata, simbolicamente, tra le vie in cui avevano sede il PCI e la DC. Dopo la strage di Via Fani furono accusati e processati 14 brigatisti, la maggior parte dei quali oggi è in regime di semilibertà.
Le inchieste giornalistiche degli anni successivi fecero emergere l'ipotesi del coinvolgimento di altri soggetti, tra cui la loggia P2, la rete clandestina della NATO e i servizi segreti di diversi paesi.
Quella mattina l'auto con a bordo Moro e quella della scorta furono bloccate all'incrocio con via Stresa da un gruppo di terroristi camuffato da ufficiali dell'areonautica che uccisero in uno scontro a fuoco i cinque uomini della scorta e sequestrarono l'allora presidente della DC.
Dopo 48 ore le Brigate Rosse rivendicarono l'attentato e il sequestro di Moro, diffondendo una foto dello stesso con alle spalle la famigerata "stella a cinque punte". Annunciarono che il presidente della DC sarebbe stato processato da "un tribunale del popolo" creando una forte reazione da parte dei cittadini che si si tradusse in cortei e manifestazioni contro la violenza brigatista.
La risposta delle istituzioni fu l'approvazione di una serie di "leggi speciali" per dare più poteri alle forze dell'ordine e agli investigatori nell'attività di contrasto al terrorismo. Nei 55 giorni successivi al sequestro si susseguirono comunicati della BR, ipotesi giornalistiche, polemiche politiche e appelli di importanti personalità come papa Paolo VI e il presidente degli Stati Uniti d'America, Jimmy Carter.
Il tutto terminò il 6 maggio quando le BR comunicarono l'esecuzione della condanna a morte. Il corpo di Moro fu rinvenuto il 9 maggio 1978 in via Caetani, nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, parcheggiata, simbolicamente, tra le vie in cui avevano sede il PCI e la DC. Dopo la strage di Via Fani furono accusati e processati 14 brigatisti, la maggior parte dei quali oggi è in regime di semilibertà.
Le inchieste giornalistiche degli anni successivi fecero emergere l'ipotesi del coinvolgimento di altri soggetti, tra cui la loggia P2, la rete clandestina della NATO e i servizi segreti di diversi paesi.
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