Era il 17 giugno 1983, quando alle 4 del mattino di un venerdì, i Carabinieri bussano alla porta del noto presentatore televisivo Enzo Tortora, presso l'Hotel Plaza di Roma. Per lui scattano le manette con l'accusa di traffico di stupefacenti e associazione di stampo camorristico.
In un'intervista di Giuseppe Marrazzo, il 14 maggio '84, Tortora ha ricordato così quel momento: «Ero in una stanza d'albergo, dove scendo da circa 20 anni; bussarono alle 4:15 del mattino, tenga presente che il giorno precedente avevo respinto con un sorriso la notizia che alcuni colleghi giornalisti (ex colleghi perché sono stato sospeso dall'ordine) mi diedero: "c'è un'Ansa che dice che ti hanno arrestato". Dissi (all'epoca avevo ancora un po' di ironia): "Credo che la notizia sia leggermente esagerata!"». Quel giorno, definito in seguito il “venerdì nero” della camorra, vengono emessi dai Sostituti procuratori di Napoli, Lucio di Pietro e Felice di Persia, 856 ordini di cattura; la Campania in quel periodo contava infatti 30 clan camorristici con 5mila affiliati e 100mila persone che direttamente o indirettamente erano coinvolte nella malavita.
Per Tortora, all'apice della carriera grazie al successo della trasmissione Portobello, inizia una lunga odissea giudiziaria destinata a concludersi quattro anni più tardi con la piena assoluzione. Si scopre che il castello delle accuse reggeva su un cognome, Tortona, trovato nell'agendina rossa di un camorrista e confuso con quello del presentatore.
Dopo 14 mesi dall’arresto, nell’agosto dell’‘84 Tortora viene eletto come Eurodeputato nelle fila del Partito Radicale; per questo quando il 4 febbraio dell ’85 inizia a Napoli il maxi processo contro la N.C.O, può seguire il processo da uomo libero. Andreotti allora aveva una rubrica “Bloc notes” sull’“Europeo” e in commento a questo fatto scrisse: “Alcuni detenuti evadono con la lima e altri con la scheda elettorale”. Il maxi processo durerà 7 mesi; le udienze saranno 67. Tortora, intanto, continua la sua attività al Parlamento Europeo di Strasburgo. Il 17 settembre dell’‘85 viene condannato a dieci anni di carcere. Rinunciando all’immunità parlamentare l'ex presentatore resta agli arresti domiciliari.
La vicenda Tortora resta, nell'immaginario collettivo, il più eclatante caso di mala giustizia nei confronti di un cittadino.
In un'intervista di Giuseppe Marrazzo, il 14 maggio '84, Tortora ha ricordato così quel momento: «Ero in una stanza d'albergo, dove scendo da circa 20 anni; bussarono alle 4:15 del mattino, tenga presente che il giorno precedente avevo respinto con un sorriso la notizia che alcuni colleghi giornalisti (ex colleghi perché sono stato sospeso dall'ordine) mi diedero: "c'è un'Ansa che dice che ti hanno arrestato". Dissi (all'epoca avevo ancora un po' di ironia): "Credo che la notizia sia leggermente esagerata!"». Quel giorno, definito in seguito il “venerdì nero” della camorra, vengono emessi dai Sostituti procuratori di Napoli, Lucio di Pietro e Felice di Persia, 856 ordini di cattura; la Campania in quel periodo contava infatti 30 clan camorristici con 5mila affiliati e 100mila persone che direttamente o indirettamente erano coinvolte nella malavita.
Per Tortora, all'apice della carriera grazie al successo della trasmissione Portobello, inizia una lunga odissea giudiziaria destinata a concludersi quattro anni più tardi con la piena assoluzione. Si scopre che il castello delle accuse reggeva su un cognome, Tortona, trovato nell'agendina rossa di un camorrista e confuso con quello del presentatore.
Dopo 14 mesi dall’arresto, nell’agosto dell’‘84 Tortora viene eletto come Eurodeputato nelle fila del Partito Radicale; per questo quando il 4 febbraio dell ’85 inizia a Napoli il maxi processo contro la N.C.O, può seguire il processo da uomo libero. Andreotti allora aveva una rubrica “Bloc notes” sull’“Europeo” e in commento a questo fatto scrisse: “Alcuni detenuti evadono con la lima e altri con la scheda elettorale”. Il maxi processo durerà 7 mesi; le udienze saranno 67. Tortora, intanto, continua la sua attività al Parlamento Europeo di Strasburgo. Il 17 settembre dell’‘85 viene condannato a dieci anni di carcere. Rinunciando all’immunità parlamentare l'ex presentatore resta agli arresti domiciliari.
La vicenda Tortora resta, nell'immaginario collettivo, il più eclatante caso di mala giustizia nei confronti di un cittadino.
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