30 marzo 1842: primo intervento chirurgico con l’uso dell’etere come anestetico
Nasce l’anestesiologia, quella branca della medicina che si occupa di annullare la sensibilità dolorifica e la coscienza durante un intervento di chirurgia o durante una procedura invasiva. L’anestesia generale viene realizzata mediante farmaci “anestetici” e che inducono un stato di narcosi, ovvero una condizione di perdita di coscienza in cui possono essere alterate in varia misura anche le funzioni vegetative. I farmaci che inducono la narcosi possono essere somministrati dall’Anestesista principalmente per due vie: quella iniettiva (nello specifico quella endovenosa) e quella inalatoria. I progressi della chirurgia maggiore sono dovuti principalmente ai progressi della moderna anestesia.
Nella storia ci sono sempre stati tentativi di “narcotizzazione”. Già 5mila anni fa, in Mesopotamia,si comprimeva la carotide per far perdere conoscenza al paziente. Gli egizi sperimentarono a loro volta il freddo – utilizzando neve e ghiaccio – per diminuire la sensibilità dei pazienti e ridurre la circolazione sanguigna. I Romani, secondo gli insegnamenti di Plinio il Vecchio, facevano affidamento sui poteri sedativi della mandragora. In epoca più tarda, nel medioevo, con il progredire delle conoscenze sulle proprietà delle erbe, i cerusici del tempo cominciarono ad utilizzare hashish, oppio, e più comunemente alcool. Solo nella successiva epoca dell’illuminismo si tentò l’approccio a metodi più scientifici, che contemplavano il protossido d’azote (il famoso “gas esilarante”) e l’etere dietilico.