Alzheimer: fra i sintomi problemi di memoria, linguaggio e depressione. L'esperto spiega come affrontarlo
Dalla sua definizione alla prevenzione: ecco cosa c'è da sapere sull'Alzheimer
Nella Giornata Mondiale dell'Alzheimer, che si celebra oggi, vogliamo riflettere su una malattia che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Una patologia neurodegenerativa che non solo altera profondamente la vita dei pazienti, ma che ha anche un impatto significativo sulle famiglie e sui caregiver. Attualmente non esistono cure definitive, ma la ricerca scientifica continua a fare progressi importanti nella comprensione dei meccanismi alla base della malattia. Vi riproponiamo un estratto di un'intervista di Luciano Onder con il Prof. Massimo Filippi, Primario dell’Unità di Neurologia e Neuroriabilitazione dell’IRCCS Ospedale San Raffaele Università Vita-Salute San Raffaele Milano, da La Casa della Salute dell'8 aprile 2023.
Che cos'è la malattia di Alzheimer, c'è una definizione?
La malattia di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che causa demenza: in termini tecnici, implica l'interessamento di più funzioni cognitive che impattano sulla vita quotidiana e sull'ecologia del paziente. La malattia è purtroppo progressiva, caratterizzata dalla deposizione di due proteine anomale che prendono il nome di betamiloide e di tau che progressivamente danneggiano le strutture cerebrali, a partire dall'ippocampo che è la struttura che contiene le tracce amnestiche della nostra vita e poi progressivamente va ad interessare altre parti del cervello fino a dei quadri decisamente importanti.
Quante sono le persone colpite nel nostro paese? Perché le donne sono più numerose degli uomini?
Le statistiche sono importanti: abbiamo circa un milione in Italia di pazienti con demenza di varia natura, circa 600.000 con malattia di Alzheimer. Le donne rappresentano circa i due terzi per un motivo molto semplice: vivono di più ed essendo la patologia una patologia dei soggetti anziani ne sono più facilmente colpite. Questi numeri enormi si ripetono poi anche a livello europeo e mondiale. Abbiamo 5 milioni di soggetti affetti di Alzheimer a livello europeo e circa 33 milioni a livello mondiale, quindi una patologia importante la cui prevalenza va aumentando con l'aumentare dell'età media della popolazione generale.
Come evolve la malattia? Come procede negli anni dai sintomi iniziali a quelli più gravi?
La malattia evolve in modo variabile da paziente a paziente, ma inizialmente si manifestano principalmente:
- Deficit di memoria autobiografica, difficoltà nel ricordare eventi personali, causati da una disfunzione dell'ippocampo.
- Disturbi del linguaggio
- Disorientamento visuo-spaziale e depressione, legati al coinvolgimento del lobo frontale.
Con il progredire della malattia, la degenerazione si diffonde dal lobo temporale verso il lobo frontale e il lobo parietale, compromettendo progressivamente le funzioni motorie e sensoriali. Alla fine, il paziente diventa completamente non autosufficiente, con un impatto molto pesante anche sui caregiver.
La diagnosi si effettua facilmente? Ci sono dei campanelli di allarme che devono far pensare a questa malattia?
Il primo campanello d'allarme è l'età, soprattutto in pazienti di sesso femminile che presentano disturbi della memoria. Il processo diagnostico inizia escludendo patologie che possono simulare l'Alzheimer, come pseudodemenze potenzialmente reversibili. Una volta escluse queste condizioni, si procede con l'anamnesi, l'esame neurologico, test neuropsicologici e imaging cerebrale per rilevare l'atrofia nelle aree chiave. Le indagini di medicina nucleare e la rachicentesi permettono di identificare le proteine beta-amiloide e tau, fondamentali per la diagnosi precoce.
È possibile fare una prevenzione dell'Alzheimer, individuare fattori di rischio e quindi prevenire?
Prevenire completamente no, ma si possono ridurre i fattori di rischio. Uno stile di vita attivo, una dieta equilibrata, evitare il fumo e mantenere una vita sociale attiva possono ridurre il rischio. Inoltre, è fondamentale allenare il cervello fin dalla giovinezza, creando quella che chiamiamo "riserva cognitiva", che permette di affrontare meglio i danni cerebrali senza immediati deficit cognitivi.
Gestire un malato di Alzheimer è complesso. La famiglia come subisce questa malattia e cosa deve fare?
La famiglia subisce un grande impatto emotivo, fisico ed economico. La gestione di un malato non autosufficiente richiede un grosso impegno e spesso porta a difficoltà finanziarie e lavorative. È importante creare una rete di supporto tra amici, familiari e caregiver. Il sistema sanitario nazionale offre sostegni economici e medici, ma è essenziale accedervi il prima possibile.
I consigli per gestire un malato di Alzheimer? È opportuno metterlo in casa di cura o è un errore grave?
Dipende dal singolo caso e dalle capacità della famiglia. Cambiare ambiente può peggiorare le condizioni di un malato anziano, ma non tutte le famiglie sono in grado di gestire situazioni così complesse. Serve una valutazione attenta delle condizioni del paziente e delle risorse familiari disponibili.
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