Umberto è il figlio di Giorgio Ambrosoli, “l’eroe borghese”, che pagò con la vita le inchieste su Michele Sindona. Marco quello del giudice Emilio Alessandrini, magistrato anch’esso ucciso alla fine degli anni settanta. Entrambi avvocati, uno a Milano l’altro a Pescara, sono stati invitati dai loro colleghi riminesi a parlare in un convegno senza pretese commemorative. Più una riflessione sul ruolo sociale dell’avvocato oggi, sulla possibilità di tradurre la memoria in fatti concreti, dentro e fuori il tribunale. “La forza dell’esempio” di chi non c’è più da una parte, quello di chi rimane a raccontare le declinazioni dei valori respirati in famiglia dall’altra. In una dimensione in cui la memoria diventa patrimonio comune e non solo dramma privato, ci si confronta sull’Italia di oggi, in cui sembra tornare la strategia della tensione. “La gambizzazione all’ad dell’Ansaldo mi ha colpito profondamente”. E’ una delle prime cose che ha detto il figlio del magistrato che condusse l’inchiesta sulla strage di Piazza Fontana. La stagione degli anni di piombo iniziò da lì. Le differenze da allora sono tante, ma i semi della violenza non devono trovare terreno fertile. Nel video le interviste a Umberto Ambrosoli e Marco Alessandrini
Sara Bucci
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