L'antisemitismo è ancora vivo

L'antisemitismo è ancora vivo.
I carnefici cambiano divisa. E sono sempre meno quelli in grado di riconoscerli. La nostra è l’ultima generazione che ha avuto contatti diretti con i testimoni della Shoa. Gli altri, i più giovani, si dovranno affidare alla memoria che noi saremo in grado di trasmettere. Un futuro che diventa così incerto, un presente che tra crisi finanziaria e populismo, già registra rigurgiti di razzismo e antisemitismo. Un tedesco su cinque odia gli ebrei. Lo dice il rapporto, pubblicato da un comitato indipendente di esperti nominati dal parlamento tedesco. Un odio condiviso da ampie fasce della popolazione, profondamente radicato nella società. A scuola utilizzano il termine “ebreo” come un insulto. Nei campionati di calcio locale in tutta la Germania, sono comuni slogan antisemiti: "gli ebrei al gas", "riportateli ad Auschwitz" e "bruciate le sinagoghe". Non è finita qui. Il rapporto osserva che la situazione è peggiore in molti altri paesi europei, tra cui Polonia, Ungheria e Portogallo. Il 44% degli italiani, racconta la commissione parlamentare sull’antisemitismo, non ha simpatia per gli ebrei. Numeri terribili che rischiamo di dimenticare. La primavera araba ha visto una intera generazione - collegata ai social network - chiedere libertà, democrazia, maggiori diritti civili e umani, contro la corruzione delle classi dirigenti e la crisi economica. Giovani capaci di annullare lo spazio, comunicando. La protesta, complice la crisi economica globale, è scoppiata nelle piazze di tutto il mondo, da Tunisi al Cairo, da Madrid ad Atene, da New York a Santiago del Cile, da Roma a Londra, da Gerusalemme a Nuova Delhi. Qualcuno l’ha chiamata anti-politica globale. Un terreno che rischia di essere fertile per le istanze più populiste, promosse dai neonazisti italiani ed europei. Così fertile che già si parla di una vera e propria “Internazionale Nera”.

Sonia Tura

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