Aperti i lavori della Preconsulta dei sammarinesi residenti all’estero
La posizione della Consulta è nota e già ieri in un incontro preliminare con le forze di maggioranza era tornata a puntualizzare i nodi imprescindibili: uguaglianza nella modalità di voto per tutti i cittadini, soppressione dell’articolo 7 della legge sulla cittadinanza, istituzione del voto a distanza, necessario nel caso del doppio turno; riduzione se non eliminazione delle preferenza quale strumento di contrasto al voto di scambio.
“La politica, le stesse forze di maggioranza, ci accusano di ripetere sempre le stesse cose – dice la Presidente Annamaria Ceccoli, ma le ripetiamo perché ancora nessuno ci ha ascoltato. Dal dialogo - poiché si tratta di un dialogo fra sordi – dobbiamo passare alla difesa, visto che ora ci accusano anche di fare del sindacalismo”.
L’impressione, per i rappresentanti dei cittadini esteri, è che la politica voglia fare un netto passo indietro rispetto alle dichiarazioni fatte alla scorso consulta di ottobre, non introducendo sostanziali modifiche, rispetto al passato, sul voto estero nella legge elettorale, e addirittura fermando il discorso relativo all’abrogazione dell’articolo 7, dopo che tutti i partiti, tranne AP, avevano espresso la propria convinzione a procedere in tal senso.
A proposito dell’articolo 7, sono gli avvocati Bianchi e Belluzzi a relazionare sull’iter delle 5 ricorsi presentati lo scorso settembre da giovani sammarinesi esteri che proprio per effetto dell’articolo erano stati esclusi dalle liste elettorali delle passate elezioni. Un iter complesso, che a oggi attende il pronunciamento del commissario della legge sul fondatezza o meno della richiesta di sindacato di legittimità costituzionale, per eventualmente arrivare al giudizio del Collegio dei Garanti.
La Consulta si guarda dentro, chiedendo quali iniziative si possano intraprendere per una azione più incisiva, come anche per farsi conoscere meglio dai sammarinesi. Una proposta viene dalla Comunità di NewYork che chiede di tornare alle origini, quando il segretario di stato agli esteri era anche Presidente della Consulta, come modo per avere più forza e autorevolezza.