Oggi abbiamo arrestato Ratko Mladic. L’annuncio del presidente Tadic, cala il sipario sul più ingombrante dei criminali internazionali della guerra in Jugoslavia. Il boia di Srebrenica. Colpevole – solo lì - del massacro di 8 mila civili. Prima ufficiale poi comandante dell'esercito serbo-bosniaco, uomo duro e spietato, prima nella guerra con la Croazia nel 1991, poi in Bosnia. Passa alla storia per i bombardamenti su Zara, gli assedi a Sarajevo, Gorazde, Srebrenica, una delle zone protette dall’ Onu. I suoi uomini attuano una brutale pulizia etnica: due milioni e mezzo di persone cacciate dalle loro case. Con lui tornano in Europa i campi di concentramento. I suoi uomini praticano lo stupro etnico come arma di guerra. Nel 1996 scatta il mandato di cattura del tribunale dell’ Aja per genocidio e crimini contro l'umanità. Quindici anni di latitanza, neppure troppo nascosta, protetto dal suo esercito e da una rete di appoggio clandestina di ex militari e civili nazionalisti. Visto con favore dalla gente comune. Non si è mai allontanato dalla sua casa. Lo hanno trovato in un villaggio a 80 chilometri dalla capitale. Una fuga diventata calvario negli ultimi anni, complice il mutato vento politico e la voglia di Europa. “Ora l’Unione apra le porte alla Serbia” ha chiesto il presidente Tadic. Una prova di credibilità riconosciuta dagli stessi commissari europei.
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