Banca del Titano fu truffata da una banda di italiani e rumeni
Fu un caso di Stato, per San Marino, il dissesto della Banca del Titano. Per tutelare i risparmiatori fu lo stesso Esecutivo ad intervenire, commissariando l’Istituto di credito e coprendo il buco di 16 milioni di euro con soldi pubblici. Oggi sembra affiorare la verità sui motivi del crack. Una truffa, ma questa volta sarebbe un Istituto del Titano la vittima. L’inchiesta è stata condotta dalla Guardia di Finanza di Ancona e ha portato alla denuncia di 16 persone residenti nelle Marche; per loro l’accusa è di riciclaggio e frode. Tramite prestanome titolari di imprese italiane e rumene - operanti in vari settori -, erano riusciti ad ottenere grossi crediti da Banca del Titano: affidamenti in realtà privi di garanzia. Il trucco era acquistare dalla banca titoli “zero coupon” per la metà del prestito, che avrebbero coperto l’intero ammontare solo dopo 25 anni. Milioni di euro – 10, secondo gli inquirenti – prelevati da Banca del Titano attraverso un vorticoso giro di assegni, che ha alimentato conti correnti italiani ed anche sammarinesi riconducibili al 52enne fabrianese Stefano Marangoni, residente a Senigallia. Secondo le Fiamme Gialle era lui la mente dell’organizzazione, ma la frode non sarebbe stata possibile senza la complicità dell’ex direttore dell’Istituto Adriano Pace. I due sono indagati per truffa in Repubblica. Sanzionati anche 20 funzionari di istituti di credito italiani per non aver segnalato operazioni finanziarie sospette per circa 83 milioni di euro. Un’operazione portata a termine, anche questa volta, grazie alla collaborazione delle Forze dell’Ordine e dell’Autorità Giudiziaria sammarinese che si è occupata delle rogatorie internazionali: soprattutto accertamenti patrimoniali e bancari ed incroci di posizioni.
Gianmarco Morosini
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