A Bologna le celebrazioni per il 33esimo anniversario della strage alla stazione centrale
Da 33 anni segna le 10.25. L'orologio della stazione ferma il tempo della strage, fa memoria, e tiene vive, insieme al ricordo, tante domande.
23 chili di esplosivo, tritolo e nitroglicerina, in una valigia nella sala d'aspetto di seconda classe: distrutta l'ala ovest della Stazione Centrale. 85 morti, 200 feriti e ferita una città solidale che si mobilita, soccorre, come può, scava nelle macerie e fissa un altro simbolo: il bus della linea 37, allora trasformato in pronto soccorso mobile.
Anche Pietro Galassi, preside a Viareggio, era sulle pensiline per un treno da pendolare, anche un sammarinese sotto le macerie di una delle stragi più controverse. La giustizia emise ordini di cattura per 28 militanti dell'estrema destra e solo dopo 15 anni una sentenza definitiva: ergastolo a Valerio Fioravanti, quale esecutore materiale, insieme a Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, neofascisti che continuano a negare il coinvolgimento.
33 anni senza certezze, senza un mandante, senza risarcimenti per i familiari degli innocenti. La Bologna del 2 agosto c'è anche oggi e ci sono le istituzioni: il capo dello stato Giorgio Napolitano chiede “piena luce per una democrazia forte”; richiamo alla verità come ragion di stato dal ministro Graziano Delrio che apre sull'introduzione del reato di depistaggio e si impegna a garantire, già nel prossimo decreto sicurezza, risarcimenti per i familiari delle vittime. E' la legge 206 che vede anche l'impegno del presidente della Camera, Laura Boldrini.
“Verità, necessaria per la democrazia”, nelle parole dal Presidente dell'Associazione Familiari Vittime, Paolo Bolognesi: ieri in memoria dei 7 bambini uccisi – la vittima più piccola, aveva 3 anni – chiedeva abolizione del segreto di stato, e oggi torna sull'inchiesta, quando dice: “Arrivare ai mandanti è possibile”.
Annamaria Sirotti