Caso Regeni, i genitori di Giulio: "Nostro figlio torturato: l'abbiamo riconosciuto solo dalla punta del naso"
Paola e Claudio Regeni chiedono verità per Giulio, il dottorando dell'università di Cambridge, ritrovato morto a febbraio, con segni tali sul corpo da far pensare ad atti di tortura.
Traspare compostezza ma anche rabbia, dai loro volti, mentre raccontano del figlio, della sua passione per la storia e le scienze sociali fin da piccolo, e confutano le tante menzogne a loro dire trapelate. Giulio, ripetono, era in Egitto per studiare, doveva tornare a marzo e avrebbe completato il ciclo di studi.
Non credono alla versione per cui Giulio sarebbe stato ucciso da 5 criminali, ormai tutti morti. Una foto che, per ora, non mostrano, parla di un volto inequivocabilmente torturato.
Il senatore Luigi Manconi, presidente della commissione per la tutela e la promozione dei diritti umani, e la famiglia, chiedono un gesto forte: che l'Italia richiami il proprio ambasciatore da Il Cairo, per “consultazioni”, dice il senatore, che aggiunge: “L'unità di crisi della Farnesina dovrebbe anche dichiarare l'Egitto paese non sicuro”. Perché non è un caso isolato, puntualizza Riccardo Noury, responsabile di Amnesty in Italia: nel 2015 sono 464 i casi di sparizione forzata e 1.676 i casi di tortura in Egitto, 500 dei quali con esiti mortali. Nei primi due mesi del 2016 già 88 casi di tortura, 8 dei quali terminati con la morte.
Francesca Biliotti
Nel video l'intervento di Paola Regeni, mamma di Giulio