I più pessimisti l’hanno chiamata la vittoria del fallimento. Chiuso il capitolo Copenaghen, con il 15esimo vertice Onu sul clima, ora si guarda al 2010. Da Obama il mondo si attendeva una sorta di miracolo, ma così non è stato. Tutto adesso è rimandato di un anno con tre tappe intermedie: il 31 gennaio, quando ci si aspetta che i paesi industrializzati dichiarano i loro singoli impegni di riduzione delle emissioni, il 31 maggio quando a Bonn ci sarà un maxivertice per preparare il terreno all’ultimo appuntamento del prossimo anno, a Città del Messico – dal 29 novembre al 10 dicembre – per la16esima conferenza mondiale delle Nazioni Unite. Intanto il tempo stringe. Il protocollo di Kyoto scade alla fine del 2012. Il rischio è che se non si decide in fretta il mondo potrebbe conoscere due anni di far west del clima in attesa della ratifica di un eventuale nuovo accordo. In mezzo a un mondo diviso a metà, da una parte i paesi ricchi e dall’altra quelli poveri, passa la linea climatica degli impegni di riduzione delle emissioni. Sulla scena ancora gli Stati Uniti con la loro legge su clima ed energia ferma al Senato, e la Cina che continua a crescere, anche in emissioni. Su tutti la scienza. Il 2009 lascia dubbi sui risultati dopo le lettere rubate agli esperti inglesi in cui si parla di maneggiamenti dei dati a favore del riscaldamento.
Sonia Tura
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