E' avvolta nel massimo riserbo l'indagine della Procura della Repubblica di Forlì sui presunti fondi che venivano smistati dalla Romagna verso San Marino, dopo il ritrovamento di 2milioni 600mila euro, da parte della Guardia di Finanza forlivese. La somma viaggiava su un furgone portavalori partito dalla sede della Banca d’Italia di Forlì e bloccato vicino a Cesena. Soldi da riciclare, per la Procura forlivese. Soldi che comunque, secondo l’accusa, viaggiavano in palese violazione delle norme antiriciclaggio dell’Unione Europea. Per la Polizia e la Guardia di Finanza di Forlì che coordinate dal pm Fabio Di Vizio lavorano sul caso non può esistere alcun tipo di "rapporto interbancario" tra banche private italiane e sammarinesi. Finora gli indagati sarebbero 4, ma è assai probabile che le forze dell'ordine abbiano in questi mesi monitorato il denaro che da Forlì veniva dirottato a San Marino, arrivando a ritenere che questa tecnica fosse una "prassi" utilizzata da molti. Ecco perché il numero di persone coinvolte nell'indagine potrebbe allargarsi molto presto. I soldi sequestrati sulla via Emilia sembrano rientrare nell’inchiesta, partita a metà febbraio e innestata sul tronco primario di quella che il 5 gennaio aveva portato in cella dieci dirigenti di banca tra Forlì, Rimini e San Marino. Il nuovo ramo è incentrato sulla presunta violazione del nuovo regolamento dell’Unione Europea, adottato dall’Italia il 15 giugno del 2007 con le relative norme antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo internazionale. La regola comunitaria impone che quando s’instaura un rapporto finanziario con uno Stato non comunitario — come San Marino — le somme di denaro che superano certi limiti devono essere tracciate. I soldi erano stati prelevati in Bankitalia, che si è detta ignara del flusso illecito, su richiesta della filiale forlivese della Monte dei Paschi di Siena (indagato il direttore) e indirizzati alla Cassa di Risparmio di San Marino (indagato il suo presidente). A San Marino la replica è stata durissima. È un’iniziativa che parte da presupposti infondati, ha dichiarato il Segretario di Stato per gli Affari Esteri, Fiorenzo Stolfi. Il fatto che si accusi San Marino di riciclaggio quando questi soldi vengono dalla Banca Centrale d’Italia, non sta in piedi. Allora perché quel denaro non era stato tracciato, come vuole il regolamento europeo? - replicano gli inquirenti. Le istituzioni sammarinesi vedono tutta la vicenda come un tentativo di destabilizzazione dell'intero sistema bancario e finanziario del Titano, di fronte al quale il Governo non resterà inerte, ma è intenzionato a percorrere, se serviranno, le vie legali, "chiedendo un cospicuo risarcimento" per il danno di immagine arrecato alla Repubblica.
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