Contro replica di Luca Lazzari ad Architetto Simone Grandoni su polemica del progetto di riqualificazione delle Cave
Il progetto – è vero – ha dignità e si inserisce con garbo nel contesto. Il bando però prevedeva degli obblighi che bisognerebbe capire se nel progetto vincitore sono stati rispettati. Mi riferisco, per esempio, all’arena per il tiro con la balestra, che è assente, o ai parcheggi che sarebbero dovuti risultare in numero superiore rispetto agli attuali. Se così fosse, ci troveremmo di fronte a una difformità di esecuzione, che potrebbe avere riflessi sugli elaborati, eseguiti in buona fede e conformemente al bando, degli altri partecipanti al concorso.
Ma come ho già detto questa è una polemica che non mi appassiona, e auguro all’architetto Simone Grandoni di riuscire a portare a casa, oltre al premio, anche una positiva considerazione da parte dei colleghi e della popolazione.
Intendo precisare che nel mio precedente articolo l’architetto Simone Grandoni è citato unicamente in quanto figlio di Marino Grandoni, uomo di punta della Repubblica, professionista, costruttore, banchiere e quant’altro. Se l’architetto Simone Grandoni fosse medico o artista la paternità sarebbe irrilevante. Ma è, per l’appunto, architetto. E come architetto ha eseguito il progetto di un’opera che cade in una delle aree più belle del centro storico e che impegna le finanze dello Stato per milioni di euro. Da ultimo l’architetto Simone Grandoni lavora per il Grandoni Group. Ho ritenuto di poter considerare i due una cosa sola e, come si usa nelle famiglie importanti, ho denominato il figlio “junior”.
Anche nel caso in cui l’architetto Simone Grandoni non fosse il rappresentante degli interessi del padre le obiezioni sollevate rimarrebbero invariate. Qui però il Grandoni Group non c’entra. C’entra invece la politica. Le riassumo: 1) Il piano particolareggiato delle cave è scollegato da un piano di riordino complessivo di Città, è fine a se stesso; 2) Realizzare un parcheggio nella parte più alta del Monte significa appesantire il traffico lungo tutta Città, quando invece altrove si ragiona di come fare per togliere le auto dai centri storici; 3) L’opera dovrebbe essere realizzata con la formula della “finanza di progetto”. San Marino non è nuova alla finanza di progetto, c’è un precedente: il parcheggione. Il risultato fu che l’opera venne a costare diverse volte quel che sarebbe costata pagando gli interessi su un mutuo; inoltre, ancora oggi lo Stato è obbligato a un esborso annuo di un milione e mezzo di euro in favore della Sinpar, e così sarà ancora per altri 17 anni.
Io – come ha ben rilevato l’architetto Simone Grandoni – pratico la politica “delle chiacchere da bar”. È un tipo di politica che funziona per modelli contrapposti: da una parte c’è chi vorrebbe continuare con l’economia dei monopoli, coi grandi investitori, con le deleghe in bianco, con l’estraneità dei cittadini da ciò che li riguarda e la superiorità dell’interesse privato a quello collettivo; dall’altra invece c’è chi si impegna per una democrazia che non sia solo forma, per una gestione collettiva della cosa pubblica, per una ritrovata partecipazione e per una piena responsabilità di tutti i cittadini. Una politica che guarda avanti ed è capace di cercare il futuro oltre le rovine del presente. Io sto con questi ultimi.
Un’ultima battuta. Quanto all’opposizione che non c’è più, voglio dire all’architetto Simone Grandoni di non stare troppo a preoccuparsi. C’è gente che, comunque vada, resta sempre al governo.
Luca Lazzari / Sinistra Unita