Contro Strasburgo, il Governo sammarinese appoggerà il ricorso dell'’Italia sui crocifissi nelle scuole
I genitori hanno il diritto di educare i figli secondo le proprie convinzioni religiose e un crocifisso appeso in un’aula scolastica viola questo diritto. E’ questa la conclusione a cui erano giunti, con verdetto unanime, i sette giudici della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, chiamati a pronunciarsi sul ricorso presentato nel 2002 da una cittadina italiana di origine finlandese, Soile Lautzi. La presenza del crocifisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche, può essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso, scrivono i giudici nella motivazione, aggiungendo che questo potrebbe turbare gli alunni di altre religioni o atei, in particolare se appartengono a minoranze religiose. La Corte di Strasburgo sostiene che lo Stato deve attenersi alla neutralità confessionale nel quadro dell’educazione pubblica e aggiunge di non vedere in che modo l’esposizione, nelle classi delle scuole pubbliche, di un simbolo che è ragionevole associare al cattolicesimo possa servire al pluralismo educativo, essenziale per la conservazione di una società democratica. Lo Stato italiano ha presentato ricorso davanti ai 17 giudici della Grande Chambre. “La presenza del crocifisso in classe - ha spiegato il ministro Gelmini - non significa adesione al cattolicesimo, ma è uno dei simboli della nostra tradizione cancellando i quali si cancella una parte di noi stessi”. E a Strasburgo l’Italia potrà contare sul sostegno di San Marino. “Da noi - ha spiegato il Segretario agli Esteri - la situazione è la stessa. Nelle aule e negli edifici pubblici ci sono i crocifissi e i ricorsi come quelli del caso Lauti, sortirebbe anche sul Titano identico effetto”.
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