LINEA COMUNE

Covid: Stati Ue "fortemente incoraggiati" da Bruxelles all'obbligo di test su arrivi da Cina

Anche Germania, Austria e Belgio annunciano test obbligatori. Pechino: "No a nuove restrizioni", e chiede a OMS posizione "imparziale"

Ci sono voluti diversi giorni di esitazione prima che l'Unione Europea delineasse un approccio sanitario comune per i viaggiatori provenienti dalla Cina. Senza indugio, Italia, Spagna e Francia, hanno deciso di imporre test a chiunque provenga dal colosso asiatico, ma altri Stati membri attendevano una linea europea coordinata prima di attuare misure di restrizione. Era quindi tempo di agire. Ed è proprio in quest'ottica che si è tenuto ieri a Bruxelles l'incontro del "Sistema integrato per una reazione a livello politico in situazioni di crisi".

Questa volta i Ventisette hanno voluto accordare i loro violini piuttosto che perseguire nella politica del tutti per sé, che ricordava il caos delle prime settimane di pandemia. Ma se ci si aspettava un chiaro accordo da parte di tutti sull'imposizione di test pre-decollo, i risultati sono più sfumati: gli Stati membri sono "fortemente incoraggiati" a richiedere ai viaggiatori di presentare un test Covid negativo effettuato entro 48 ore prima del volo. Formula oggetto di feroci discussioni (le restrizioni ai viaggi per motivi di salute restano di competenza degli Stati) e che riflette la mediazione tra chi auspica un approccio più rigoroso e chi non ha ancora preso provvedimenti. A stretto giro Pechino ha esortato i paesi a non imporre nuove restrizioni, chiedendo invece di "lavorare insieme per proteggere i normali movimenti delle persone". Ma dopo la linea europea, hanno annunciato che chiederanno un test Covid negativo anche Germania, Austria e Belgio.

E all'invito di Bruxelles a condividere in modo trasparente i dati sulla sua situazione attuale, la Cina rimarca di averlo fatto sin dallo scoppio dell'epidemia, e sollecita l'Oms ad adottare un posizione imparziale, dopo l'accusa di aver sottostimato decessi e numero di malati. L'Organizzazione Mondiale della Sanità, nel frattempo, condivide l'ultimo bollettino: in sette giorni, in Cina, i casi sono aumentati del 45% mentre i decessi del 48%. Sotto monitoraggio sei varianti, che rappresentano – nel mondo - il 74,4% della prevalenza: domina su tutte quella soprannominata Cerberus, seguono Centuarus e Gryphon. A oggi, tutte le varianti rilevate nel paese asiatico, sono già conosciute e rappresentano il 97,5% dei casi autoctoni.

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