LAVORO

CSdL: da fine 2023 aumentati i licenziamenti collettivi

Negli ultimi anni riguardano per il 55% le donne, scrive il sindacato. Persistono le difficoltà nella ricollocazione degli over 50 e di coloro che hanno conseguito delle invalidità.

CSdL: da fine 2023 aumentati i licenziamenti collettivi.

La situazione occupazionale è buona, avendo raggiunto un nuovo record di occupati. Dalla seconda metà dello scorso anno sono però comparse alcune ombre a turbare questo quadro; si sono registrati un lieve aumento del numero di licenziamenti collettivi ed un maggiore ricorso alla cassa integrazione. Così la CSdL, nell'ultimo appuntamento di "CSdL Informa": in totale, scrive il sindacato, dal 2009 al 2023 la CSU ha assistito 7.250 lavoratori coinvolti da licenziamenti collettivi, di cui il 45% erano donne. Nei primi anni post crisi finanziaria mondiale del 2008, si trattava prevalentemente di uomini per circa i due terzi, in quanto era coinvolto prevalentemente il settore manifatturiero. Negli ultimi anni si è invertita la tendenza ed i licenziamenti riguardano prevalentemente le donne (circa il 55%). Considerando che nel settore privato il genere femminile rappresenta circa il 40% degli occupati, il rapporto corrisponde a circa i due terzi del totale.

Il settore pubblico, aggiunge il sindacato, sta compensando questo disequilibrio. "Negli ultimi 6 anni, tolto il 2020 (covid) - commenta il funzionario FULI Cristian Bertozzi - si sono registrate in media circa 400 riduzioni di personale all'anno. Tra i lavoratori coinvolti troviamo sempre più donne; è un trend purtroppo in crescita negli ultimi anni. Spesso sono persone over 50, con esigenze familiari a volte inconciliabili con nuove opportunità di lavoro, o con deficit fisici, che hanno grandi difficoltà nel ricollocarsi. È rimasto costante il numero dei licenziamenti per inidoneità alla mansione per le lavoratrici e i lavoratori che nel corso della loro carriera hanno sviluppato patologie incompatibili con la loro occupazione: i casi sono tanti, quasi il 10% del totale dei licenziamenti. Queste persone devono essere quelle più tutelate dalle aziende e dalle istituzioni per la loro fragilità. Noi lo facciamo al meglio delle nostre possibilità, cercando di fornire loro tutti gli strumenti disponibili. Ma a volte questo non basta."

Una panoramica di ciò che vivono i lavoratori per recuperare i crediti maturati, l'ha tracciato Diego Moretti, funzionario della FUCS-CSdL. "Dal 2012 al 2023, la CSU ha assistito 2.320 lavoratori in vertenze aperte nei confronti dei datori di lavoro: circa 211 all'anno. La gran parte di queste situazioni riguardano il recupero di crediti vantati dai lavoratori per stipendi non pagati. Le vertenze a volte si concludono con un piano di rientro, che però non sempre viene rispettato. In molti casi è necessario proseguire con una causa civile che può durare anche 3 anni; di frequente, arrivati alla sentenza favorevole, ci troviamo con l'azienda sparita o in liquidazione. Succede anche che queste attività chiudano e riaprano una nuova società, oppure si trasferiscano fuori territorio per sfuggire ai propri obblighi. Spesso, il recupero crediti è infruttuoso perché le imprese non sono capitalizzate in base al volume di affari che generano ed al numero di dipendenti; a questo punto non resta che chiedere il fallimento dell'attività. Il Fondo Servizi Sociali interviene a coprire una parte del credito vantato dal dipendente, non prima di 2 anni dall'apertura del fallimento. In altre parole, un lavoratore coinvolto in un fallimento deve aspettare circa 5 anni per ricevere una parte del credito, grazie al Fondo Servizi Sociali: solo in pochissimi casi il procuratore fallimentare riesce a recuperare qualcosa. Dal 2003 al 2023 questo fondo contrattuale ha erogato la considerevole somma di 3,3 milioni di euro per stipendi non pagati dalle aziende fallite. Con questa grande conquista dei lavoratori, un po' di giustizia si riesce ad ottenere. Non dovrebbero essere solo i dipendenti a richiedere il fallimento, ma anche lo Stato, in quanto creditore di contributi e imposte non versate, per tentare il loro recupero ed evitare che il buco si allarghi sempre più.”

L’anagrafica dei debitori dello Stato, aggiunge la CSdL, che viene pubblicata annualmente, rivela che alcuni di essi ne hanno accumulati per svariati milioni; viene da chiedersi come mai queste aziende non vengono fermate prima che i crediti diventino così consistenti.

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