Sono stati 3 arzilli ultrasettantenni a far sventolare nuovamente la bandiera americana a Cuba. James Tracy, Larry Morris e Mike East: proprio i 3 marines che il 4 gennaio del 1961 – giorno di chiusura dell'ambasciata - ammainarono la “stars and stripes”, su ordine del presidente Eisenhower. Il gelo diplomatico è durato 54 anni, ben oltre la fine della guerra fredda. Poi la svolta, annunciata lo scorso dicembre dai 2 Capi di Stato e favorita anche dall'intermediazione di Papa Francesco. Ruolo prezioso – quello di Bergoglio –, riconosciuto anche da John Kerry. “I nostri presidenti, Obama e Raul Castro – ha poi affermato il segretario di Stato Americano - hanno smesso di essere prigionieri della storia. Si mettono da parte le barriere e si esplorano nuove possibilità per il futuro”. Kerry ha anche affrontato un tema insidioso per ogni politico statunitense: la rimozione dell'embargo. “Resta in piedi – ha osservato -, nonostante il forte impulso di Obama; solo il Congresso può rimuoverlo. Ma l'amministrazione si batte con forza per quell'obiettivo”. Ma sono diverse le questioni sul tavolo. Cuba chiede a Washington anche di restituire la base navale di Guantanamo. Gli americani premono invece sull’Avana per il ritorno dei profughi, ai quali è stato concesso l’asilo politico, e la restituzione delle proprietà statunitensi: nazionalizzate da Fidel castro dopo la caduta della dittatura di Batista
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