E' una storia di fiducia tradita quella che finirà davanti al commissario della legge il prossimo 31 luglio. Destinata a far parlare sia per la notorietà del marchio, Marlù, che è parte lesa. Le tre sorelle sammarinesi che l'hanno avviato e lo stanno facendo crescere hanno infatti deciso di rivolgersi alla giustizia per tutelarlo dalle iniziative imprenditoriali di tre ex collaboratori, ora esponenti di una nuova ditta, la Jewit srl (anch'essa rinviata a giudizio). Ma che è interessante anche da un punto di vista più strettamente giuridico.
Per la prima volta a San Marino viene contestata l'usurpazione dei beni immateriali. Non semplice contraffazione dunque: un processo che anche l'Italia potrebbe quindi seguire con interesse. "Un sottile meccanismo- ha sottolineato l'avvocato Stefano Pagliai -di sfruttamento di idee, marketing e linee aziendali, in forza di una precedente collaborazione".
Nei guai anche due commercianti di San Marino: approfittando della notorietà del marchio, non solo collocavano in espositori Marlù prodotti confondibili, ma erano pronti a fornire rassicurazioni ingannevoli alla clientela. Dopo due anni di indagini, il processo- che come altri è slittato per via della emergenza sanitaria- comincerà tra poche settimane. Le tre sorelle Marlù si sono costituite parte civile. Non a cuor leggero "di quei collaboratori- spiega l'avvocato- le mie clienti si fidavano ciecamente"
Sulla notizia relativa all’inizio della fase dibattimentale intervengono anche i tre ex collaboratori della società Marlù, per voce dei loro avvocati, Rossano Fabbri e Massimo Cerbari che dichiarano "Siamo certi che le risultanze processuali si incaricheranno di dimostrare la completa estraneità ai fatti nella fantasiosa ipotesi di reato contestata, essendo nella fase delle indagini preliminari già archiviati ulteriori addebiti ipotizzati nella denuncia dalle querelanti. I nostri assistiti si riservano il risarcimento del danno".
Nel video l'intervista all'avvocato Stefano Pagliai