Diario dal Congo
secondaria. Piccolo e molto più serioso del collega, ci fa comprendere immediatamente di essere un direttore severo e molto professionale, sia con gli insegnanti che con gli studenti. Sembra davvero incredibile quanto l'attività didattica sia controllata da quest'uomo, con valutazioni periodiche ai docenti ed un giudizio finale che deve essere assolutamente positivo. Ma non pensate che basti la sufficienza: se l'insegnante non raggiunge una sorta di eccellenza viene licenziato (il voto minimo è 'bon'). La media della scuola è comunque sul 'tres bon' ed è per questo che è considerata una delle migliori di Lubumbashi. La secondaria ha tre indirizzi: scientifico, informatico-commerciale e pedagogico. Una grave carenza è la mancanza dei laboratori: per capire come funziona un microscopio, ad esempio, occorre andare in ospedale, perché l'istituto non può permettersi l'allestimento di una stanza con questo tipo di attrezzature (che sarebbero per noi a buon mercato e dunque si potrebbe pensare di inviarle, anche usate). Chi termina la scuola secondaria può poi accedere agli studi universitari, che qui sono un vero investimento per il futuro, perché permettono di trovare un lavoro dignitoso. Essendo un paese dove chi ha studiato rappresenta ancora un'esigua minoranza, la meritocrazia funziona. L'accesso all'università, ci spiega infine monsieur Didier, è comunque condizionato dal voto di uscita dalla scuola: se è superiore al 60% del voto massimo l'iscrizione è possibile, se minore occorre ripiegare sull'Istituto Superiore, che fornisce degli approfondimenti più tecnici. E veniamo infine al clou della giornata. I frati carmelitani che abitano nella missione, cinque o sei ragazzotti ancora molto giovani, corrono davvero tanto. Corrono sul lavoro quando c'è da scavare o tirare i cavi, corrono se chiedi loro un favore, corrono quando c'è da imparare qualcosa che possa servire alla collettività. Ma corrono soprattutto quando vengono attaccati dalle api. Ah, 'ste benedette api! Verso sera un operaio ha svelato a qualcuno che la canna del camino della cucina era stata da tempo colonizzata dalle api. Quale migliore occasione per i nostri cacciatori di api? Ecco che allora ci si veste, si prende una scala, si sale sul tetto, si individua il favo, si cerca di staccarlo e posarlo nell'arnia per iniziare finalmente il faticoso allevamento. Sembra facile. Toglietevelo dalla testa. Le api africane si rivelano per quello che si era detto all'inizio: bestie ferocissime (dai, esagero un po') desiderose solamente di piantare il loro pungiglione in faccia a qualcuno. Iniziano così a volare rabbiose a destra e a sinistra, entrano nella maschera (???? ma come hanno fatto?) di chi voleva prenderle, rincorrono chiunque si trovi sulla loro strada. Finale: tutta l'area della missione diventa off limit e i poveri frati, ignari di tutto, devono difendersi come possono dall'attacco. Così iniziano la loro fuga lungo il viale alberato di manghi, dovendo anche fare attenzione a non inciampare nella tonaca. Questa sera, cadere, avrebbe voluto dire diventare dei puntaspilli umani.
Marco Sassi