“In quest’ultimo anno ho subìto pesantissimi, ingenerosi e irriguardosi attacchi a seguito dei quali ho riportato ferite difficili da rimarginare”. Inizia così l’accorata lettera con la quale il giudice Ceccarini annuncia ai Capitani Reggenti, al segretario di Stato alla Giustizia e ai membri della commissione Affari di Giustizia la sua decisione di cessare l’incarico dal prossimo 1° aprile. “Constato che nei soggetti deputati ad assumere decisioni al riguardo – si legge ancora – in primis il dirigente del tribunale, non c’è stata la volontà di trovare soluzioni adeguate. La reiterata procrastinazione di correttivi, di fronte ad un ripetuto grido di allarme, come anche emerso nel corso dell’ultimo consiglio giudiziario, ne costituisce una valida riprova”. Ceccarini si riferisce ai carichi di lavoro, che per quanto lo riguardavano erano troppo onerosi: oltre 300 procedimenti assegnati, quando la media è di un centinaio per magistrato, una cifra che ormai gli impediva di assicurare una efficiente conclusione dei dibattimenti. Lo dice egli stesso nella lettera: “Nei miei confronti – scrive – è stata scientificamente attuata, specie in quest’ultimo anno, una strategia tesa a sovraccaricarmi di lavoro; tutto ciò unitamente alla stigmatizzazione di ogni mio comportamento. Il tutto poi è sfociato nelle gravissime accuse rivoltemi, che hanno dato luogo all’azione di sindacato. Negli ultimi due anni – aggiunge poi – non ho accusato alcun ritardo nel mio lavoro. Mai mi sono sottratto alle mie responsabilità”. Sull’azione di sindacato non vi è ancora sentenza, il collegio dei garanti ha altri due mesi di tempo per decidere. E Ceccarini anzi ne chiede fermamente la naturale conclusione, “attendendone serenamente la decisione”.
Francesca Biliotti
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