CONSEGUENZE DEL COVID

Disturbi alimentari: all'inizio della pandemia i casi sono aumentati del 40%

In occasione della Giornata internazionale del Fiocchetto Lilla, in Italia sono stati diffusi i dati analizzati dal Consorzio interuniversitario Cineca, da cui emerge un quadro preoccupante: nel primo semestre 2020 sono stati rilevati 230.458 casi di disturbi alimentari contro i 163.547 del primo semestre 2019. Un balzo in avanti del 40%. Il carico assistenziale globale arriva a quasi 2 milioni e 400mila pazienti, un dato “sottostimato perché esiste una grande quota di persone che non arriva alle cure”. Si nota anche un abbassamento dell'età: il 30% ha meno di 14 anni e aumenta la diffusione nella popolazione maschile. L'Istituto superiore di sanità ha aggiornato la sua mappa delle strutture con servizi dedicati: ad oggi 108 i centri accreditati su tutto il territorio nazionale. 55 al Nord, 18 al Centro e 35 tra Sud e Isole.
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Il 58% dei pazienti che stanno ricevendo le cure ha tra i 13 e i 25 anni, il 7% meno di 12. "La pandemia ha introdotto una serie di fattori di stress - spiega Giordano Zonzini, nutrizionista -, come la limitazione della libertà personale. Sono cambiate le abitudini. Ed è aumentato il tempo che i giovani passano davanti ai social. Oltre a ciò, sono venuti meno una serie di fattori protettivi come l'accesso alle cure e il supporto sociale. I disturbi del comportamento alimentari, lo ricordiamo, sono patologie psichiatriche".  Tra i disturbi alimentari, la più diffusa è l'anoressia nervosa, rappresentata nel 36% dei casi, seguita dalla bulimia nervosa, al 18% e poi il binge eating al 12%. Quest'ultimo significa letteralmente “abbuffata di cibo”, che avviene in un tempo breve con la sensazione di perdere il controllo. Una crisi accompagnata da disagio psicologico e senso di colpa e vergogna, che spesso inducono a mangiare da soli o di nascosto.

Nel video l'intervista a Giordano Zonzini, nutrizionista

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