Il dramma delle foibe e l’esodo dal confine orientale d’Italia

Migliaia di morti, centinaia di migliaia di esuli costretti ad abbandonare non solo le proprie terre, ma anche a recidere le proprie radici, quelle della Venezia Giulia e della Dalmazia; un territorio non più italiano, ma jugoslavo a seguito del trattato del 1947. Un dramma su cui la vergogna del silenzio è durato oltre 50 anni. Ma non è bastato che verità uscisse dalle cavità carsiche che nascosero per anni i corpi delle vittime né la legge che nel 2004 ha istituito la Giornata del Ricordo: il rischio che si avverte ogni 10 febbraio è che dal negazionismo si arrivi al riduzionismo. Ma il sentimento non è un dovere e nasce dalla conoscenza. In Italia molte iniziative, seppur sottotono, hanno riguardato le scuole: una lezione sulla tragedia italiana durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato dopoguerra, quando a Trieste e nell'Istria controllata dai partigiani jugoslavi di Tito i cittadini subirono torture e deportazioni. Almeno 10 mila gli infoibati accertati; ma il sadismo con cui venivano gettati nella cave può più dei numeri: per risparmiare le pallottole venivano legati a gruppi di dieci con fili di ferro. Si sparava al primo, il cui peso morto trascinava gli altri nell'oscurità. Erano nudi, perché si era tolto loro tutto: cittadinanza, abiti e dignità.

Sara Bucci

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