Due anni fa il primo malato sammarinese di Covid
L'incubo, per noi, comincia il 27 febbraio del 2020. Un uomo di 88 anni viene ricoverato al reparto infettivi all'Infermi di Rimini. Morirà due giorni dopo. E' il primo caso sammarinese di Covid. L'annuncio dell'ISS manda in frantumi il senso di protezione tanto istintivo quanto fugace del vivere in un piccolo Stato arroccato sul monte. Un nemico invisibile aveva già innescato, in silenzio, l'effetto domino: il virus già galoppava da tempo in Cina; sei giorni prima, a Codogno, il primo caso italiano. La paura arriva anche sul Titano.
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In territorio scattano subito i protocolli operativi, si ricostruiscono i contatti stretti. I cittadini prendono d'assalto il numero per le informazioni sanitarie: 240 chiamate in un'ora. Ogni certezza viene travolta dalla furia di una pandemia che giorno dopo giorno divora vite, serenità, abitudini, socialità. A ripensarci sembra ieri, eppure sono trascorsi già due anni. Sono tanti due anni, soprattutto se vissuti sul filo dell'incertezza, privati del conforto di un abbraccio. Soli e distanti. E' l'aspetto più straziante del Covid: morire senza una carezza, lo sguardo dei propri cari. Alle famiglie, devastate dal lutto, è negato l'ultimo saluto. Il resto è storia.
Oggi i numeri del contagio danno speranza, si annunciano allentamento delle restrizioni e ritorno graduale alla normalità. Ma quale normalità? Lecito chiederselo, mentre si parla con insistenza di passaggio da pandemia ad endemia. L'idea della convivenza con il virus allontana dal pensiero la parola “fine” e apre a nuove sfide nella vita quotidiana. Sarà, forse, una nuova normalità. Ma è un viaggio con ancora troppe incognite.
Nel servizio, l'intervista a Claudio Muccioli, dirigente Authority Sanitaria
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