È morto Marc Augé, filosofo dei “nonluoghi”
A San Marino partecipò ad AltreMenti Festival nel 2012; era cittadino onorario di Rimini di cui fu guida culturale e scientifica per il Museo degli Sguardi
Antropologo, etnologo, filosofo. A 87 è morto Marc Augé, dal 2009 nel Comitato scientifico del Festival della filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo. Nella sua lunga carriera, che lo ha visto anche direttore dell’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, ha contribuito allo sviluppo delle discipline africanistiche, oltre ad aver elaborato un’antropologia dei mondi contemporanei attenta alla dimensione rituale del quotidiano e della modernità. Lui è il “padre” dei “nonluoghi”, nozione che descrive quegli spazi caratteristici della ‘surmodernità’, come gli aeroporti o i supermercati, dove si passa e nei quali non esiste a priori alcun legame simbolico immediatamente decifrabile tra gli individui che li frequentano.
Diverse le sue lezioni a San Marino. Nel 2007 Augé ha tenuto una lectio magistralis al teatro Turismo sul tema "La società di domani fra solitudine e solidarietà", in occasione della giornata di studio indetta per celebrare il trentennale del servizio socio-sanitario sammarinese. Mentre nel 2012 ha partecipato al festival culturale “AltreMenti” che si divise fra Titano e Rimini. Il comune della Riviera, lo stesso anno, gli conferì la cittadinanza onoraria “per il profondo legame che unisce il grande studioso francese alla Città, per essere stato la guida culturale e scientifica del lavoro che ha portato alla nascita del Museo degli Sguardi inaugurato nel 2005”.
Augè quando ricevette la cittadinanza onoraria ringraziò con queste parole: “Sono molto fiero di essere riminese. Innanzitutto ci tengo davvero ringraziare coloro che hanno ritenuto conferirmi questo grande onore. Conosco Rimini da moltissimi anni. In particolare gli ultimi sono stati molto attivi perché ho avuto la fortuna di partecipare alla realizzazione del Museo degli Sguardi. Rimini è una città ricca e complessa. Coesistono due Rimini, ma entrambe molto complesse al di là di quanto si possa immaginare. Mi piace molto passare da una Rimini all’altra, ma c’è anche una Rimini dell’arte e dell’immaginazione. Gli antropologi sono abituati a osservare gli spazi non a agire concretamente. Per questo motivo quando ci viene data la motivazione di passare a uno stato attivo sono occasioni da non perdere. Spero che questa città possa ancora mantenere questo fragilissimo equilibrio tra senso e libertà, tra luogo e non-luogo”.
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