Giornata mondiale contro lo sfruttamento minorile: in Italia un bambino su 15 lavora

Il diritto all'infanzia, alla scuola, ai sogni viene negato a 160 milioni di bambini nel mondo. Se poi si considera che la metà di loro è costretto a svolgere lavori duri e pericolosi, risultano evidenti i danni indelebili nel processo di crescita e sviluppo psico-fisico. Gravi presupposti che hanno spinto l'Organizzazione internazionale del Lavoro dell'Onu a proclamare nel 2002 la Giornata internazionale contro lo sfruttamento del lavoro minorile, per eliminarne la piaga e sensibilizzare l'opinione pubblica. Sfruttamento che può assumere varie forme, anche le peggiori: come la schiavitù e lo sfruttamento sessuale.

Nel mondo le aree in cui è più radicato sono l'Africa subsahariana e il territorio dell'Asia Pacifico. In Italia, dove il lavoro minorile è illegale sotto i 16 anni, secondo un report pubblicato da Save the Children il 6,8% della popolazione tra i 7 e i 15 anni nel 2023 ha svolto un'attività lavorativa: circa 1 bambino su 15. Il fenomeno è spesso legato all'agricoltura. I figli di braccianti, che vivono in situazioni difficili e di forte isolamento, sono sfruttati già in giovanissima età come forza lavoro. Si tratta di realtà di invisibili e difficili da riconoscere.

Sul tema interviene anche Usl: “San Marino ha ratificato varie convenzioni per proibire lo sfruttamento minorile – sottolinea il segretario generale Francesca Busignani -. Questo non ci deve però far chiudere gli occhi su altre realtà. Il fenomeno non riguarda soltanto Stati extra UE, stando a quanto riportato dal Censis negli ultimi 15 anni un terzo dei cittadini europei ha subito una riduzione visibile del reddito disponibile, anche in Italia, ed è qui – conclude – che purtroppo potrebbe trovare terreno fertile la piaga del lavoro minorile”.

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