È iniziato il Ramadan nei Paesi di fede musulmana
Tra le altre, ne è nata una importante per il suo valore comunitario e che avvicina, almeno una volta all'anno, il mondo degli expat – come qui vengono chiamati gli stranieri occidentali – ai migrant workers, gli operai provenienti dal Sud Est asiatico, che per poche centinaia di dollari al mese costruiscono i palazzi di Dubai per le grandi multinazionali dell'edilizia. In diverse zone della città vengono allestiti frigoriferi, all’interno dei quali, chi desidera, può lasciare bevande, frutta, pasti confezionati, pronti per essere consumati dalle migliaia di operai quando, al tramonto del sole, possono rompere il digiuno per l'Iftar. Nato due anni fa da una semplice pagina Facebook, “Ramadan Fridge” conta oggi 28.000 membri, lo scorso anno ha visto oltre 170 frigoriferi, ciascuno dei quali riempito e svuotato fino a 20 volte al giorno.
Basta infatti fare qualche chilometro alla periferia della città, verso il deserto, per ritrovarsi in un'altra Dubai. E' qui che ci sono i quartieri come Sonapur che in hindi significa “città d’oro”: è l'enorme zona che ospita le baracche degli operai, e che di dorato ha solo la sabbia. Giovani uomini, si stima siano circa 500mila gli operai edili di Dubai, provenienti in maggioranza da India, Bangladesh, Pakistan e legati ai loro datori di lavoro dalla cosiddetta kafala, il rigido sistema di sponsorizzazione – contestato dalle associazioni per i diritti umani - che regola i rapporti di lavoro nei paesi del Golfo.
La sveglia per loro è prima dell'alba, quando gli inconfondibili autobus bianchi, li caricano per portarli nei cantieri. Finito il turno, spariscono di nuovo nel nulla del deserto. Il valore di una vita? 4mila-5mila dollari: è così che vengono rimborsate le famiglie di chi a casa non fa più ritorno.
Da Dubai,
Elisabetta Norzi