La giornata si è aperta nel peggiore dei modi: un assalitore suicida ha fatto detonare un ordigno vicino al consolato americano, nella città saudita di Gedda, ferendo due agenti. L'attacco proprio nel Giorno della festa dell'indipendenza degli Stati Uniti: DAESH, del resto, aveva annunciato azioni clamorose, in questa occasione. A Dacca intanto è il giorno dell'omaggio alle vittime della strage di sabato, costata la vita a nove italiani. La Procura di Roma potrebbe chiedere a breve alle autorità del Bangladesh, tramite rogatoria internazionale, di avere copia degli atti dell'inchiesta sull'attacco, e di interrogare il terrorista arrestato. Nel frattempo è salito alla tragica cifra di 200 morti, il bilancio della carneficina di ieri a Baghdad, sempre rivendicata dall'Isis. Due devastanti esplosioni hanno colpito la comunità sciita, uccidendo giovani e intere famiglie. La segreteria di Stato agli Esteri di San Marino ha inviato messaggi di cordoglio al Bangladesh e all'Iraq. Pasquale Valentini, attraverso una nota al ministro Gentiloni, ha poi espresso solidarietà all'Italia per la perdita di 9 cittadini nell'attentato di Dacca. In queste ore, poi, in Turchia, proseguono le indagini per fare piena luce sull'attentato all'aeroporto Ataturk. Ha destato sconcerto la notizia che la presunta “mente” dell'azione, il ceceno Ahmed Chataev – da qualche tempo affiliato al Califfato -, fosse rimasto a lungo in Europa. Nonostante vari arresti – in Svezia, Ucraina e Bulgaria - non venne mai estradato in Russia, in virtù del suo status di rifugiato politico, concesso nel 2003 dall'Austria. Nel 2010, ad impedire la sua consegna a Mosca, fu la stessa Corte europea dei diritti umani, sostenuta - in questo - da una campagna di Amnesty International. 5 anni dopo Chataev si sarebbe trasferito in Siria, da dove avrebbe reclutato i kamikaze e preparato la strage all'aeroporto di Istanbul.
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