L’Italia si è dimenticata di Federico Fellini
“Il rapporto tra il regista riminese e l'Italia è di disaffezione profonda. Lo stesso che c'e' tra i giovani e il nostro cinema classico. Ormai per molti dei grandi cineasti con la morte e' arrivato anche l'oblio e le nuove generazioni non hanno quasi più rapporti con i classici".
Lo ha detto Pupi Avati, presidente della Fondazione Fellini , che usando una metafora cinematografica dice:"Fellini si allontana in campo lungo, in dissolvenza, verso lo sbiadimento. L'unica fortuna di Fellini - aggiunge - è l'esistenza di una Fondazione che ne tiene viva la memoria.”
Eppure questa dimenticanza non è troppo distante dal rapporto che i critici italiani hanno avuto con i film del grande regista. Capolavori come La dolce vita, 8 e mezzo, Amarcord sono stati bersaglio di giudizi miopi, che oggi suonano tra l' assurdo e il ridicolo.
La grande colpa di Fellini è una genialità inclassificabile – ha spiegato Gian Piero Brunetta docente di Storia del cinema a Padova proprio in un convengo organizzato dalla Fondazione. Prima di tutto non era considerato sufficientemente intellettuale.
Fellini amava giocare, mescolare con leggerezza i grandi temi esistenziali con la cultura popolare. Ma costante era anche l' accusa al regista di una mai raggiunta maturità. Insomma tra la critica e Fellini - conclude Brunetta - si era scatenata quella che Gadda definiva "la porca rogna italiana del denigramento di noi stessi.
Sonia Tura