Libertà di stampa: la vicenda "kafkiana" del fotoreporter Giorgio Bianchi
“In Ucraina, in questo momento c'è un clima pesante di caccia alle streghe”, afferma Giorgio Bianchi. Fotoreporter freelance, collaborazioni con prestigiose testate italiane ed internazionali; aveva seguito la vicenda ucraina, da Maidan al tragico conflitto nel Donbass, raccogliendo testimonianze di persone che si dichiaravano spaventate dal poter esprimere le proprie opinioni nell'Ucraina governativa. Da qui la volontà di verificare la fondatezza di questi timori, in vista di un più ampio reportage. Nei giorni scorsi, allora, la decisione di recarsi ad Odessa, dove proprio il 2 maggio – di 4 anni fa – 48 attivisti filorussi trovarono la morte nella Casa del Sindacato, data alle fiamme – a quanto pare - da nazionalisti ucraini. Atterrato all'aeroporto di Kiev, tuttavia, la brutta sorpresa. “C'è un problema con il suo passaporto”, gli è stato detto da un poliziotto, che dopo un breve controllo ha detto a Bianchi di essere “persona non gradita in Ucraina”, e che sarebbe stato rimpatriato quanto prima. Ma dopo 2 ore il fotoreporter è stato condotto in un altro ufficio, per essere sottoposto ad interrogatorio sui motivi della visita. Giorgio Bianchi ha spiegato tutto, mostrando anche la documentazione che avrebbe attestato la legalità dei propri spostamenti. Nonostante tutto sarebbe stato sul punto di essere arrestato. Infine il rimpatrio.
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