Linfoma di Hodgkin, l’esperto spiega cos’è la malattia che ha colpito la figlia di Jovanotti e quali sono i campanelli d’allarme
Teresa Cherubini, la 22enne figlia di Jovanotti, ha avuto un linfoma di Hodgkin e ha passato gli ultimi 7 mesi a curarsi: 6 cicli di chemioterapia. Ora che è guarita ha deciso di raccontare con un post la sua esperienza su Instagram. Jovanotti, su Facebook, l’ha rilanciato: “oggi la mia Teresa ha voluto raccontare la sua storia degli ultimi sette mesi. Ieri gli esami di fine terapia hanno detto che la malattia se n’è andata, oggi per noi è un giorno bellissimo, lei è stata pazzesca”.
Benedetta de Mattei ha intervistato il prof. Stefan Hohaus – Responsabile dell’Unità Malattie Linfoproliferative Extramidollari presso l’U.O.C. Di Ematologia del Policlinico Agostino Gemelli di Roma per capire cos’è il linfoma di Hodgkin, chi colpisce e quali sono i sintomi a cui fare attenzione.
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COS’E’ IL LINFOMA DI HODGKIN
Il linfoma di Hodgkin è una malattia tumorale del sistema linfatico, che origina dai linfociti B (un tipo di globuli bianchi) presenti in linfonodi, milza, midollo osseo, sangue e numerosi altri organi. I linfomi si dividono in due grandi categorie: i linfomi di Hodgkin (dal nome del medico inglese Sir Thomas Hodgkin, che lo ha descritto per primo nella prima metà dell’800) e i linfomi non Hodgkin (tutti gli altri). A livello microscopico la differenza tra il linfoma di Hodgkin e i linfomi non Hodgkin sta nella presenza della cellula di Reed-Sternberg nel linfoma di Hodgkin.
CHI COLPISCE IL LINFOMA DI HODKING?
Il linfoma di Hodgkin colpisce soprattutto i giovani adulti tra i 15 e i 25 anni e i pazienti oltre i 50, a differenza del linfoma non Hodgkin più frequente negli over 60. E’ un tumore relativamente raro, con circa 2400 i nuovi casi diagnosticati in Italia ogni anno, che può svilupparsi in diversi organi e si riscontra con minor frequenza rispetto al linfoma non Hodgkin (80% dei casi).
CAMPANELLI D’ALLARME
Molto spesso il primo campanello d’allarme è un ingrossamento dei linfonodi, soprattutto del collo, e della regione sovraclaveare (ma anche di ascelle, inguine e altre parti del corpo). I linfonodi appaiono duri e indolori, non regrediscono, e non sono associati a delle infezioni nella zona alla quale attingono. A volte possono esser colpiti anche linfonodi più profondi ed il paziente non si accorge della tumefazione ma quando comprimono sulle vie aeree possono comparire affanno o una tosse secca che persiste. Altri sintomi del linfoma di Hodgkin possono essere: febbre e senso di debolezza che perdurano senza cause apparenti; perdita di peso improvvisa e significativa (più del 10% del proprio peso corporeo). Possono essere presenti anche sudorazione notturna, che obbliga a cambiare indumenti e lenzuola e un prurito persistente diffuso su tutto il corpo che non trova ragione dal punto di vista dermatologico. In presenza di sintomi sospetti è bene andare dal proprio medico che deciderà se sottoporre il paziente ad ulteriori accertamenti.
COME SI ARRIVA ALLA DIAGNOSI?
Dopo una visita ematologica si effettuano gli esami di diagnostica per immagini (come la TAC, risonanza magnetica). Per ottenere una diagnosi viene normalmente asportato chirurgicamente il tessuto patologico (di solito un linfonodo) ed eseguito l’esame istologico, per accertare la tipologia di linfoma. Successivamente si valuterà la stadiazione del tumore attraverso una PET, per impostare l’approccio terapeutico più corretto.
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PROGNOSI E CURA
Questo tipo di tumore ha una buona prognosi e fortunatamente oggi grazie ai progressi della ricerca scientifica, le nuove terapie consentono in molti casi di ottenere la guarigione anche se la malattia si è diffusa ad altri organi. I principali tipi di trattamento del linfoma di Hodgkin sono la chemioterapia, la radioterapia (che ha un ruolo di consolidamento dopo la cura chemioterapica) ed eventualmente anche il trapianto di cellule staminali. Il numero di cicli di chemioterapia si decide normalmente in base all’estensione della malattia. Negli ultimi anni si sono poi resi disponibili anche trattamenti più moderni, i farmaci biologici, che riescono a guarire una parte consistente di pazienti nei quali la malattia non è più controllata dai trattamenti tradizionali. Anche se bisogna aspettare a lungo prima di potersi considerare completamente fuori pericolo da una recidiva, nei pazienti con un tumore localizzato la possibilità di guarigione con le terapie di prima linea è di circa il 90%, dell’80% quando il linfoma è localizzato ma esteso e del 70% quando è già diffuso. Quando non si arriva a questo risultato c’è sempre la possibilità di ricorrere alle terapie di seconda linea, ma rimane una frazione di pazienti che purtroppo risultano resistenti a tutte le strategie terapeutiche attualmente disponibili, una sfida per continuare la ricerca in questo campo.
Benedetta de Mattei