Longevità in salute, ecco cosa fare nel quotidiano: la ricetta dell'ex medico degli astronauti per invecchiare bene
Le scoperte scientifiche sono fondamentali ma nulla possono se non trovano applicazione nella vita. Meglio iniziare da piccole abitudini quotidiane da far crescere solo successivamente: in primis, alimentazione, attività fisica e gestione dello stress
Non solo l'aspettativa di vita: c'è una nuova sfida che sempre più sta diventando un'urgenza, in un mondo occidentale sempre più vecchio e con prospettive di vita già notevoli. Conservare la salute anche in vecchiaia diventa fondamentale, una vera priorità, sia per le persone che per la tenuta dei sistemi sanitari nazionali. Ma quali sono davvero i segreti per vivere più sani più a lungo? Lo abbiamo chiesto a Filippo Ongaro, medico degli astronauti per oltre sette anni e oggi uno dei formatori più seguiti sui temi della salute e del wellness, che proprio sulla longevità ha tenuto un corso lo scorso 9 e 10 marzo a Riccione - Longevity Revolution, giunto alla sua seconda edizione - rivolto non solo ad addetti ai lavori, ma anche a persone comuni. Fra le tematiche affrontate, i diversi aspetti di prevenzione riguardanti la sfera fisica e psicologica.
Dottor Ongaro, cosa si intende per longevità e perché è importante parlarne?
Si possono intendere, in realtà, varie cose: da un lato puramente semantico - in genere - si intende quanto a lungo si vive; mentre in un'ottica - secondo me - più giusta, bisognerebbe parlare sempre di longevità sana. Cioè dell'idea - non semplicemente o tanto - di prolungare la vita oltremodo, ma di garantire che più persone arrivino ad essere anziani con un grado di salute elevato. Perché la durata della vita è già cresciuta in maniera estremamente importante, e questa è una cosa positiva. Però non c'è stata un'analoga crescita della qualità della vita, soprattutto dopo i 65, 70 anni. Tante volte le persone dicono: "Beh, se guardo un cinquantenne di oggi e un cinquantenne di 30 - 40 anni fa, di anni ne dimostra meno il cinquantenne di oggi". E' vero. Ma questa stessa cosa non continua in maniera altrettanto lineare dopo i 65 o 70 anni, quando c'è una una rapida perdita di capacità funzionale nell'anziano che dovrebbe essere evitata. Quindi, credo che la sfida dei prossimi anni non sarà tanto il cercare la pillola miracolosa che ci porterà a vivere fino a 120 anni ma piuttosto capire come incidere nella mentalità delle persone affinché inizino a prendersi cura di loro stesse un po' prima, per prevenire, appunto, questo declino funzionale.
In che modo lavorare con gli astronauti l'ha resa un esperto in materia?
Di esperti ce ne sono tanti e di diversi tipi. Ci sono fior fior di scienziati e anche laboratori incredibili che studiano l'invecchiamento. Diciamo, con estrema umiltà, che l'esperienza mia è stata molto pratica. Cioè, il mio problema era come mantenere in forma una persona che sta nello spazio mesi e che, quindi, ha un processo di invecchiamento accelerato. Questa cosa ti costringe molto a lavorare con quello che hai al momento - e non tanto con la nuova scoperta -, con strumenti che siano scientificamente chiari e validi perché non si vogliono correre rischi con gli astronauti. Quindi, anche se tanti pensano al mondo dello spazio come una frontiera scientifica, in realtà lo è ma non in ogni ambito, perché per quello che riguarda il lavoro che si fa con gli astronauti, si vuole veramente scegliere la strada più sicura. Quindi questo è stato, giocoforza, l'esercizio di applicazione che ho fatto in quegli anni e che ho poi continuato a fare, cercando di estrapolare le conoscenze già consolidate per trasformarle in applicazioni pratiche. Intervenendo, anche nel caso degli astronauti, non soltanto sull'aspetto fisico ma anche sull'aspetto psicofisico. Perché anche loro hanno le reticenze che abbiamo tutti noi: non è detto che l'astronauta adori necessariamente allenarsi 2 ore al giorno alla fine di una giornata di lavoro. Ecco, non è detto che ne abbia tutta questa voglia. Quindi questo è stato un po' il nostro lavoro e anche un po' la sua unicità.
Quali sono i fattori fisici e psicologici che incidono maggiormente sulla longevità?
Ce ne sono tanti, quindi si potrebbe rispondere a vari livelli a questa domanda. Però, per dare una risposta un po' più sintetica, il fattore più importante credo sia la mentalità, il mindset. Perché, alla fine, di strumenti già oggi importanti per proteggere la salute nel tempo, ne abbiamo un'infinità. E ne verranno fuori altri: i ricercatori continueranno a scoprire nuove cose. Ma se le persone non sviluppano una mentalità che preveda la cura di se stessi, tutte queste scoperte non verranno applicate e, dunque, lasceranno un po' il tempo che trovano. Quindi, senza nulla togliere - ovviamente - allo sforzo degli scienziati, credo che ci debba essere in parallelo uno sforzo diverso, orientato proprio all'applicazione e al lavoro sulla sfera mentale, emotiva e sulla motivazione. Perché prendersi cura di sé prima che sia indispensabile, è un investimento. La maggior parte di noi, però, non è pronta a farlo, questo investimento quindi ci occupiamo della salute solo una volta persa. E' un lavoro po' controintuitivo e non è facilissimo da inserire nella vita frenetica delle persone. Per questo - al netto di tutte le cose più scientifiche, molecolari eccetera -, direi che la cosa più importante in realtà è lo sviluppo di questo atteggiamento mentale nelle persone, altrimenti servirà a poco la nuova scoperta scientifica.
Le chiedo ora qualche consiglio per i nostri lettori: cosa possono fare nel quotidiano - in termini di strategie pratiche - per una vita più sana e longeva?
- La prima cosa che direi, anche per rimanere connesso con la domanda precedente, è valutare la contraddizione tra quello che noi diciamo che è importante nella vita - cioè la salute - e il tempo e le risorse che effettivamente dedichiamo a questa. E' un esercizio da fare a tavolino, una riflessione fondamentale, perché tutti diciamo che la salute è importantissima ma poi, quotidianamente, quanto ci dedichiamo ad essa? Se la risposta è zero vuol dire che c'è una contraddizione.
- Partendo dalla riflessione precedente, riuscire a ritagliarsi uno spazio quotidiano che non deve essere di 20 ore ma anche di mezz'ora, in cui inserire fondamentalmente due cose: un po' di attività fisica e la gestione dello stress (attraverso attività come la meditazione, il training autogeno, la camminata in natura).
- L'altro elemento è la cura dell'alimentazione ma, dal mio punto di vista, è di più facile gestione perché mangiare è una cosa che già facciamo, si tratta solo di migliorare magari le abitudini. Non è, quindi, una nuova cosa da inserire nello schema quotidiano.
Chiaramente, questi sono i punti di partenza. Bisogna poi, magari anche facendosi seguire da qualche esperto, iniziare a capire che tipo di attività fisica mi serve di più: se andare a camminare, fare dei pesi o lavorare sulla mia flessibilità. Questo è però un passaggio successivo: la prima cosa è analizzare quanto veramente ti dedichi alla tua salute e alla tua longevità per iniziare a creare spazio nella tua agenda. Ma non due volte a settimana: tutti i giorni, questa è la sfida. Meglio fare poco tutti i giorni che di più, due volte alla settimana. Questo perché, così, l'abitudine attecchisce.
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