Era intestatario di oltre 100 veicoli assicurati a suo nome, e di altrettante sim card telefoniche. In realtà possedeva solo un vecchio ciclomotore, una bicicletta e un telefono cellulare. Giorgio Lanza, disoccupato 54enne, morto ad agosto, a sua insaputa era il protagonista di una maxitruffa scoperta dai carabinieri di Castelmassa che ha portato al deferimento alle autorità giudiziarie di numerose province di Emilia Romagna, Veneto e Lombardia, 46 persone, in prevalenza nomadi, ma anche titolari di autosaloni, di agenzie di consulenza automobilistica, di negozi di telefonia mobile, tra cui 5 riminesi, titolari di autorivendite e agenzie tra Poggio Berni, Santarcangelo, Villa Verucchio e Savignano. La vicenda inizia alla fine del 2002, quando alcuni nomadi si sono rivolti a Giorgio Lanza chiedendogli di intestarsi alcuni veicoli, dietro pagamento. L’uomo, in precarie condizioni economiche e gravemente malato, accettò. I veicoli, come hanno poi scoperto gli investigatori, venivano usati per commettere reati, dietro il comodo paravento di Lanza, all’oscuro di tutto. Gli zingari hanno poi fatto un’infinità di fotocopie dei documenti dell’uomo, apponendo anche la sua firma sugli atti d’acquisto, sotto agli occhi del rivenditore. In primavera gli investigatori di Castelmassa si sono poi resti conto che in numerosi furti gli autori usavano veicoli intestati a Giorgio Lanza che, interrogato, rimase sorpreso della grande quantità di mezzi a lui intestati, ma nulla poteva sapere della banda che aveva operato. Per tutti i deferiti i reati ipotizzati sono falso e violazione della legge sulla privacy, aggravati, per qualcuno, per aver indotto pubblici ufficiali a rilasciare carte di circolazione di veicoli intestati a persona ignara di tutto, mediante l’inganno derivante da false attestazioni. Numerose sono anche le violazioni amministrative che gravano sugli autorivenditori che non identificavano compiutamente gli acquirenti sui mezzi. E l’indagine, lunga e complessa, non è ancora terminata
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