Scintille diplomatiche fra Iran e Usa sulla responsabilità del mancato accordo nucleare fra Repubblica islamica e potenze mondiali del gruppo 5+1 la settimana scorsa a Ginevra: il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha accusato il segretario di Stato americano Jahn Kerry di travisare la realtà, e di minare i colloqui, attribuendo a Teheran la colpa del mezzo fallimento. Anche se nei dieci anni di negoziati a singhiozzo non si è mai stati così vicini a un'intesa, il botta e risposta fra i capi delle diplomazie dei due ex-arcinemici ora in fase di ravvicinamento suona almeno apparentemente come un cattivo auspicio per il prossimo appuntamento, fissato sempre a Ginevra il 20 novembre, fra Iran e 5+1. Ieri, lunedì, Kerry aveva detto che le grandi potenze erano state ''unite'' nel presentare ''una proposta'' che però ''l'Iran non ha potuto accettare in quel particolare momento''. L'offerta, aveva insistito il ministro statunitense, era stata firmata da tutti, anche dalla Francia (accusata da esponenti iraniani, ma anche da anonimi diplomatici occidentali, di aver silurato l'intesa per mettersi in mostra con Israele e la diaspora iraniana a Parigi). Sulla tv di Stato iraniana, Zarif - rispondendo ad una domanda sulle dichiarazioni di Kerry - ha affermato che ''cambiare la realtà non aiuta a creare fiducia'' e ''se alcuni vogliono girare le notizie pubblicate, ciò non attribuisce credibilità né a loro né ai colloqui''. Su Twitter, Zarif ha indirettamente ricordato a Kerry le bordate del ministro degli esteri francese Laurent Fabius contro la bozza di accordo: ''Signor segretario di Stato, è forse l'Iran che giovedì ha svuotato per metà il testo degli Americani, facendo poi commenti contrari il venerdì mattina?'', ha chiesto retoricamente il capo della diplomazia di Teheran. In linea con lo schema che vede Mosca a Pechino più inclini a sostenere l'Iran rispetto alle potenze occidentali, anche un diplomatico russo ha escluso che sia Teheran la causa della mancata intesa a Ginevra. Tutto sommato, come ha ricordato il viceministro degli Esteri Marta Dassù commentando l'accordo sulle ispezioni raggiunta ieri tra Iran e Aiea, sul nucleare iraniano "sicuramente siamo più vicini'' a un'intesa ''di quanto non siamo mai stati da decenni a questa parte". Le resistenze, a Teheran oltrechè nel Congresso di Washington, sono molte e vivaci: Ahmad Khatami, uno degli ayatollah iraniani conservatori più noti e 'duri', ha detto che i "nemici" della Repubblica islamica "capiscono solo il linguaggio del sangue" e che i missili iraniani con una gittata di 2.000 km in grado di colpire Israele sono il loro "incubo". Del resto - dopo aver perso 130 miliardi di dollari a causa delle sanzioni e averne investiti 40 in 20 anni in centrifughe e altri impianti secondo stime israeliane circolate oggi - l'Iran ha problemi a rinunciare anche solo a qualche pezzo del proprio programma atomico che peraltro dichiara sia solo legittimamente civile.
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