La parabola del Rais
Un’apoteosi per il colonnello, ricevuto nella pompa, senza imbarazzi. E il corredo del gossip tra amazzoni e studentesse in minigonna, da istruire nel segno verde della Jamahiriya. Ma le relazioni privilegiate, in tempi di energie scarse, avrebbero portato la guerra, in Libia. Nel nome dei diritti umani, che si invocano in carenza di argomenti, mentre soffiava in primavera il vento delle rivolte arabe, che il colonnello nel suo paese non aveva esitato a reprimere nel sangue, per iniziativa del presidente francese Sarkozy, affiancato dal premier Cameron, nasceva la coalizione dei volenterosi, con l’Italia tirata per la giacca. La guerra sarebbe passata sotto l’ombrello Nato. Bombardamenti, altri morti, anche vittime innocenti. L’uso spregiudicato della propaganda in cui Gheddafi era maestro. Poi il silenzio, mentre la guerra non finiva. E il consiglio nazionale transitorio, intanto insediato, che non controllava il paese. Gheddafi, ha combattuto fino all’ultimo, senza scegliere la strada più comoda dell’esilio. L’epilogo delle ultime ore, col grido disperato “ non sparate” che il colonnello avrebbe urlato prima di essere ucciso, elimina le conseguenze incerte di un processo internazionale e nuove polemiche. Il rais è morto. Sembra lui, non un sosia.
Sonia Tura