Presentato il rapporto sulle povertà realizzato dall’osservatorio diocesano di Rimini

Presentato il rapporto sulle povertà realizzato dall’osservatorio diocesano di Rimini.
I poveri tra noi. Non in Europa dell’Est o nel Terzo Mondo ma in mezzo a noi: a Rimini, Riccione, Santarcangelo, Bellaria, San Giovanni in Marignano, Misano, Cattolica.
Sono numeri impressionanti quelli diffusi dai 13 centri di ascolto della Caritas diocesana di Rimini e sono numeri che si riferiscono “solo” al 2006. Ci raccontano che a vivere al limite sono 4.078 persone. Il 20% è italiano, un numero in crescita del 3% rispetto al 2005. Gli altri sono ucraini, rumeni, moldavi. Sono soprattutto giovani: hanno dai 25 ai 44 anni e più della metà sono donne. Solo il 32% possiede un permesso di soggiorno regolare, tutti gli altri per lo Stato non esistono. Il 48,5% è diplomato o laureato. Solo 366 di questi 4.078 poveri ha una occupazione: la percentuale più alta riguarda le badanti. Il 40% risiede in una abitazione stabile e si tratta soprattutto di persone in affitto da privati, ma sono ancora la maggioranza coloro che non hanno un tetto. Molti vivono in un domicilio di fortuna, altri dormono in macchina o in case abbandonate.
Un dato significativo è anche quello delle persone che si sono rivolte all’Associazione “Famiglie Insieme” che dal 1996 eroga prestiti a chi è in difficoltà. Su 129 richieste 63 arrivano da famiglie italiane. Crescono le forme di povertà, aumentano le famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese, sono sempre di più – racconta il direttore della Caritas don Renzo Gradara – le persone che vengono a chiedere prestiti e la borsa degli alimenti, che non trovano affitti compatibili con il salario. La solitudine e l’abbandono affliggono un numero sempre maggiore di anziani, il flusso dell’immigrazione clandestina non può essere interrotto perché la fame impedisce la vita nei paesi di partenza. Per crescere nella solidarietà, sottolinea il responsabile della Caritas diocesana, occorre conoscere le situazioni di bisogno e aggredire le cause che provocano ingiustizia. Perché la solidarietà è vera quando diventa condivisione.

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