Omicidio volontario o omicidio colposo. E, nel primo caso, la richiesta dell’accusa di 30 anni di reclusione. Su questo sono chiamati ad esprimersi i giudici della corte di assise di Rimini per il processo a carico di Enea Bruschi. In mattinata l arringa del codifensore, Massimo Cerbari, che ha motivato il mancato riscontro nelle prove acquisite di una delle imputazioni per il sammarinese: cioe’ il reato di rapina, chiedendone quindi l’assoluzione. Poi la lunga discussione sul reato di omicidio volontario, come chiesto dall’accusa. Cerbari ha ricordato gli eventi di quella mattina del 17 ottobre, le condizioni psicofisiche dell’imputato, dopo assunzione di cocaina e alcool, la totale disabilità alla guida e, plausibilmente, l’attimo di distrazione fatale che ha portato all’investimento e successiva uccisione del viado Ferreira Fonseca. La stessa vettura, in precedenza, era uscita di strada e il difensore ha menzionato le testimonianze dei periti sulle anomalie nel comportamenti della Renault. Un lungo filo logico che ha portato Cerbari a concludere come fosse verosimile la versione di Bruschi, che ha sostenuto di essersi distratto perche’ aveva difficoltà al cambio della macchina e non essersi dunque accorto di aver investito il brasiliano. Ma a mancare del tutto, per la difesa, e’ il movente dell’omicidio. Tesi sulla quale i giudici stanno decidendo in camera di consiglio.
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