“Le polemiche non giovano a nessuno”. Così la Segreteria di Stato al Lavoro che ribadisce la piena regolarità delle procedure di stabilizzazione dei lavoratori frontalieri previste dal contratto di settore. “Sentito ripetutamente il parere dell’Avvocatura dello Stato sull’efficacia erga omnes del contratto – precisa Antonello Bacciocchi – l’Ufficio del Lavoro ha semplicemente operato secondo la legge”. “Inoltre – aggiunge – appare quantomeno singolare l’affermazione che la competitività delle imprese sia ostacolata dalla stabilità dei rapporti di lavoro quando invece non comporta nuovi oneri”.
Dichiarazioni erronee e strumentali, quelle di Terenzi, per l’Organizzazione degli Imprenditori, che si riducono – scrive - ad un palese tentativo di screditare il nostro lavoro. Sono inoltre 107 – continua la nota – gli artigiani iscritti all’OSLA e non 30 come riportato in maniera fuorviante dall’UNAS”. L’organizzazione ritiene anche di aver sottoscritto un buon contratto, poiché – sottolinea - non fa distinzione tra piccola e grande impresa. La differenza con quello dell’UNAS – conclude - sta nel fatto che il nostro è stato rinnovato, il loro no”.
Per la CSU, l’ipotesi di tornare al fondo pensionistico unico, è una assurdità: un colossale passo indietro che porterebbe alla situazione precedente la legge di riforma dei fondi previdenziali del ‘90. “Riforma che – scrive il Sindacato – mise fine al principio dei “vasi comunicanti”, dove i disavanzi di alcune categorie di lavoratori autonomi venivano sistematicamente coperti dalle risorse contributive dei lavoratori dipendenti”. “Da non trascurare poi – fa notare la CSU – l’assenza di un sistema tributario equo, in grado di accertare i redditi reali delle diverse categorie di lavoratori autonomi”.
Dichiarazioni erronee e strumentali, quelle di Terenzi, per l’Organizzazione degli Imprenditori, che si riducono – scrive - ad un palese tentativo di screditare il nostro lavoro. Sono inoltre 107 – continua la nota – gli artigiani iscritti all’OSLA e non 30 come riportato in maniera fuorviante dall’UNAS”. L’organizzazione ritiene anche di aver sottoscritto un buon contratto, poiché – sottolinea - non fa distinzione tra piccola e grande impresa. La differenza con quello dell’UNAS – conclude - sta nel fatto che il nostro è stato rinnovato, il loro no”.
Per la CSU, l’ipotesi di tornare al fondo pensionistico unico, è una assurdità: un colossale passo indietro che porterebbe alla situazione precedente la legge di riforma dei fondi previdenziali del ‘90. “Riforma che – scrive il Sindacato – mise fine al principio dei “vasi comunicanti”, dove i disavanzi di alcune categorie di lavoratori autonomi venivano sistematicamente coperti dalle risorse contributive dei lavoratori dipendenti”. “Da non trascurare poi – fa notare la CSU – l’assenza di un sistema tributario equo, in grado di accertare i redditi reali delle diverse categorie di lavoratori autonomi”.
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