"Ho fatto il mio dovere, se non ci fosse gente come me questi chissà cosa continuerebbero a fare”. Così si è giustificato con gli investigatori Giovanni Marco Borrelli, la guardia giurata di 26 anni, che ieri sera sul lungomare di Rimini ha ucciso un uomo e ne ha ferito un altro davanti a decine di testimoni terrorizzati. Nel mirino della sua pistola doveva esserci Erjon Ciko, anche lui 26enne, l’albanese che dal maggio dello scorso anno, in un crescendo di sms e telefonate, importunava quella che molti definiscono la sua fidanzata e che invece l’omicida ha descritto agli uomini del reparto operativo dei carabinieri come la sua più cara amica. Nel mirino di Borrelli c’è finito invece l’amico italiano del corteggiatore sgradito, Antonino Geraci, 26 anni, muratore originario di Milazzo e residente a San Clemente di Rimini. Ciko, dopo lunghe ore in sala operatoria, è ricoverato in condizioni critiche nel reparto di rianimazione dell’ospedale Infermi. L’agguato è avvenuto in viale Regina Elena. Borrelli, guardia giurata presso un istituto cittadino, ha raggiunto e affiancato in scooter la Golf sulla quale si trovavano le 2 vittime. Con il martello ha sfondato il vetro a lato del guidatore, lo ha sfregiato al volto con il coltello e poi ha ripetutamente fatto fuoco. "Lo avevo chiamato poco prima dandogli appuntamento per un chiarimento definitivo - ha raccontato agli investigatori. Quando sono arrivato era fuori dalla macchina, cellulare all'orecchio. L'ho riconosciuto sentendolo parlare. Così l'ho colpito con una martellata in testa. Lui però mi si è gettato addosso. Allora ho sparato quattro colpi. Una volta a terra l'ho preso a calci. Poi sono andato vicino alla macchina e ho fatto fuoco un'altra volta". A cadere mortalmente sotto i suoi colpi non è stato però l'albanese, reo di aver mostrato troppo interesse per la ragazza, ma Antonino Geraci. Dopo l'esecuzione, l'omicida ha chiesto a un passante di chiamare polizia e carabinieri. Prima di essere ammanettato è entrato in un ristorante, ha preso una bottiglia d’acqua e ha cercato di ripulirsi dalle tracce di sangue. Quindi, ha atteso l’arrivo dei Carabinieri ai quali si è consegnato dicendo di essere stato lui a “uccidere due albanesi”. E’ stata interrogata a lungo anche l’amica-fidanzata, che ha conferma per filo e per segno, senza sbavature, il movente dell’omicidio e cioè l’insistenza con cui l’albanese la importunava.
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