Sclerosi multipla, l'esperto: una diagnosi precoce fa la differenza, ecco i sintomi da non sottovalutare
In Italia sono 122 mila le persone affette da sclerosi multipla, una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale e può esordire a qualsiasi età, anche se ad esserne maggiormente colpiti sono i giovani tra i 20 e i 40 anni, nella maggior parte dei casi donne.
Benedetta de Mattei ha intervistato il Prof. Massimo Filippi - Direttore dell’Unità di Neurologia; Neuroriabilitazione e Neurofisiologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e Professore Ordinario di Neurologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Neurologia presso l’Università Vita- Salute San Raffaele di Milano – per capire cos’è la sclerosi multipla, chi colpisce e quali sono i sintomi da non sottovalutare per una diagnosi tempestiva, che può davvero fare la differenza.
COS’È LA SCLEROSI MULTIPLA?
La sclerosi multipla è una malattia infiammatorio-demielinizzante e neurodegenerativa complessa con origine autoimmune che colpisce il sistema nervoso centrale danneggiando le strutture del cervello e del midollo spinale. Alla base di questa malattia vi è un processo di demielinizzazione che determina danni o perdita della mielina e la formazione di lesioni (placche) che possono evolvere da una fase infiammatoria iniziale a una fase cronica in cui assumono caratteristiche simili a cicatrici, da cui deriva il termine “sclerosi”.
Le forme di esordio più diffuse sono quella a ricadute e remissioni e quella primariamente progressiva, rispettivamente nell’85% e nel 15% dei casi. Pur essendo una malattia caratterizzata da un andamento molto variabile a seconda del paziente, la maggior parte delle persone con sclerosi multipla ha periodi di relativo benessere (remissione) che si alternano a periodi di peggioramento dei sintomi (riacutizzazioni o recidive). Le recidive possono essere lievi o invalidanti e il recupero durante la remissione è buono ma spesso incompleto; per tale ragione la malattia, se non trattata, peggiora progressivamente.
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CHI COLPISCE
Come tutte le malattie autoimmuni colpisce più le donne, con un rapporto di 2/3 donne ogni uomo. L’età classica della forma più tipica, che è quella a ricadute e remissioni, è tra i 20 e i 40 anni, quindi è il soggetto giovane, soprattutto di sesso femminile, quello più colpito. Per quanto riguarda la forma più rara “primariamente progressiva” il rapporto maschio/femmina è invece di 1 a 1, l’esordio è più tardivo, e avviene dopo i 40/45 anni.
QUANTO È DIFFUSA
Non è una malattia frequentissima ma neppure rara, possiamo dire che dagli ultimi rilevamenti nel mondo ne soffrono circa 2,5 milioni di persone, 750.000 in Europa e 122.000 in Italia (con 3.400 nuove diagnosi nel nostro Paese ogni anno). E’ una malattia molto più diffusa nelle più vicine ai Poli mentre ha una progressiva riduzione di prevalenza con l’avvicinarsi all’Equatore.
CAUSE
L’ipotesi ad oggi più accreditata è che ci sia una predisposizione genetica che facilita la risposta autoimmune su cui poi si innestano dei fattori ambientali, come ad esempio la carenza di vitamina D, dovuta spesso alla scarsa esposizione solare, che può in parte spiegare perché la malattia sia più frequente ai Poli dove c’è meno luce rispetto all’Equatore dove ce ne è di più. A tutto questo va aggiunto il ruolo giocato dalle infezioni virali nel bambino.
CAMPANELLI D’ALLARME E DIAGNOSI
Innanzitutto diagnosticarla tempestivamente è fondamentale e la terapia precoce è uno degli elementi più importanti perché gli stessi farmaci dati anche solo pochi anni dopo possono avere un’efficacia molto minore sul l’evoluzione della malattia. In base all’entità e alla sede delle lesioni, che sono multiple come dice il nome, possono manifestarsi sintomi anche molto diversi tra loro ma generalmente il primo campanello d’allarme è rappresentato da un evento di sofferenza del sistema nervoso centrale, che può andare dalla perdita o dall’offuscamento della vista in un occhio alla sensazione di formicolio alle braccia o alle gambe, dalle vertigini alla paralisi di un arto.
Esistono poi pazienti che scoprono casualmente, attraverso una risonanza eseguita per altri motivi, di avere la sclerosi multipla senza aver mai avuto alcun sintomo della malattia.
Ad ogni modo qualsiasi episodio neurologico subacuto, che duri qualche giorno in un soggetto tra i 20 e i 40 anni, deve sempre quanto meno generare il sospetto e indirizzare verso altri accertamenti, che sono principalmente la risonanza magnetica e l’esame del liquor con la ricerca delle bande oligoclonali.
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COME CURARE LA SCLERSOSI MULTIPLA
Al momento non esiste una cura risolutiva in grado di guarire la sclerosi multipla ma sicuramente la malattia può essere molto ben controllata nel tempo, infatti negli ultimi 20 anni abbiamo assistito a un proliferare di farmaci, di vari tipi, che ci permettono di farlo. Convenzionalmente possiamo dividere i farmaci in quelli “di prima linea”, un po' meno efficaci ma di maggiore sicurezza, e quelli “di seconda linea”, farmaci più potenti riservati ai pazienti con forme di malattia a esordio più grave o con un’evoluzione più tempestosa. Tutti questi farmaci a grandi linee possono essere inseriti nel capitolo degli immunomodulatori e immunosoppressori, i meccanismi d’azione sono differenti ma l’idea generale è quella di porre un controllo ai fenomeni autoimmuni che guidano la malattia. Ovviamente poi lo scopo principale è quello di ridurre la frequenza di ricadute, di ridurre la formazione di nuove lesioni e prevenire la disabilità. Abbiamo diversi farmaci che ormai sono stati approvati ed altri che lo saranno a breve, possiamo dunque dire che oggi disponiamo di 15/16 farmaci per trattare la malattia, che andranno poi personalizzati a seconda del paziente e delle caratteristiche che la malattia ha assunto su quel determinato soggetto, ma l’armamentario terapeutico è cresciuto moltissimo, continua a crescere, e ci permette un buon controllo della malattia nella stragrande maggioranza dei pazienti.
Vi è infine il trapianto del midollo osseo, riservato ai pazienti davvero molto gravi poiché è un procedimento complesso e rischioso che viene riservato alle forme più gravi della malattia che non hanno risposto ai farmaci cui accennavo prima. Il trapianto quando va a buon fine è in grado di bloccare la malattia ma purtroppo non quello di far regredire i danni a carico del sistema nervoso centrale. È vero che esistono forme molto aggressive di sclerosi multipla ma, dopo un’esperienza di tanti anni, le posso dire che 20/30 anni fa si vedeva evolvere la malattia in maniera molto grave mentre oggi questo accade davvero molto più raramente. È importante inoltre sottolineare che la ricerca sta andando avanti al fine di ottenere farmaci sempre più efficaci e migliorare la vita delle persone con sclerosi multipla.
Benedetta de Mattei
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