Scuola di Città, la rabbia di genitori ed insegnanti: "Non si pensa al bene dei bambini. I numeri ci sono"

Nella serata pubblica organizzata da Libera il gruppo " Per la Sorgente" porta gli ultimi dati sulle iscrizioni. Per Renato di Nubila la scelta del Governo è "discutibile sul piano pedagogico", e invita a non cercare vittorie ideologiche

C'è amarezza e rabbia. E un senso di sconfitta, perché “un'agenzia culturale di questa portata non può essere abbandonata”, esordisce Giuseppe Maria Morganti. Nella serata organizzata da Libera sul futuro della scuola di Città, si alternano insegnanti, genitori, Capitano di Castello. In prima linea il gruppo “Per La Sorgente”, nato sulla spinta del dibattito consiliare – racconta Simona Casali. “In maggioranza c'è chi ci ha fatto passare come dei nostalgici o persone strumentalizzate. Segnale – dice – che non c'è grande considerazione da parte della politica nei confronti della cittadinanza quando è in disaccordo con le scelte del governo”.
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Ad accompagnare le mille firme un documento in cui si chiedeva un reale confronto. “Gli insegnanti – spiega il gruppo – sono stati informati a marzo di una decisione presa a febbraio. I genitori hanno poi chiesto chiarimenti alle Segreterie”. In sala c'è preoccupazione, domande che attendono risposte, in primis sugli spazi di Murata, che si teme non siano sufficienti ad accogliere tutti gli alunni. Al momento – spiegano – l'unica certezza è che l'anno prossimo non ci sarà la prima elementare, ma “ci rifiutiamo di accettare l'idea – dice Valeria Stacchini - che le classi vengano lasciate a morire in una struttura che via via si andrà svuotando”.

C'è un problema legato alle nascite, è stato detto dal Governo, ma i numeri diffusi – fa notare – sono presi da una relazione del 2019 e vengono superati dai dati reali dell'anno 2021/2022. “Le iscrizioni – dice - sono 8 in città e 20 a Murata. L'anno seguente gli alunni che usciranno dalle materne dei due plessi saranno 33”. Insomma “c'erano i numeri per mantenere aperti entrambi ”. Preoccupa inoltre la decisione di creare solo una classe da 22, troppo numerosa per lavorare bene e garantire la sicurezza in tempi di pandemia. Si chiede sia un esperto a garantire sul rispetto delle norme vigenti.

Cà Caccio non è una scuola ma è la scuola”, afferma Fabrizio Perotto. “Nella sua chiusura non c'è alcun piano educativo o didattico”. Definisce poi “surreale” la contrapposizione con l'Istituto Musicale. “Sono realtà completamente diverse”. Il Capitano Tomaso Rossini non nasconde lo scontro in Giunta. “Se è questa è la scelta del governo – dice - ne prendo atto perché non mi è stato detto che la scuola verrà chiusa.  L'idea – spiega - è l'inserimento graduale dell'Istituto musicale, valore aggiunto per Città". Toccanti le riflessioni del professor Renato di Nubila. Parla della scuola come “risorsa preziosa insostituibile. I suoi stessi muri sono lavagne silenziose”. “Discutibile sul piano pedagogico volerne azzerare la storia”. Invita quindi la politica a trovare il tempo di ascoltare la realtà delle persone, senza cercare vittorie ideologiche.
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