Selfie sulla tragedia, non solo una mania collettiva

Selfie sulla tragedia, non solo una mania collettiva.
Mania collettiva o pura idiozia – le due cose possono anche non essere separate - poco importa. Si deve ancora dare notizia di un “selfista” che, lo scorso 26 maggio, tenta di immortalare il proprio faccione mentre alle spalle alcuni soccorritori intervengono su una donna, appena investita da un treno, stesa tra i binari della stazione di Piacenza.
Un'immagine che forse non provoca neanche più un sussulto a chi è abituato a trascorrere ore in rete o sui social. Lo si liquida così, facilmente, con frasi del tipo “che idiota!” o “ho visto di peggio” e si passa oltre. D'altronde “non ha fatto male a nessuno”. E se nessuno ha potuto godere di questo selfie, lo si deve agli agenti della Polfer che, grazie al “contro scatto” di Giorgio Lambri, capocronista della “Libertà” di Piacenza, sono riusciti ad identificare il giovane e a costringerlo a cancellare la foto dal telefono e da ogni altra piattaforma.

A sconvolgere allora è questo appiattimento morale ed emozionale, proprio sia dell'utente passivo che del deficiente attivo, completamente disconnesso dalla realtà circostante e dall'abisso di dolore della tragedia (nel caso proposto alla donna sarà poi amputato un arto), ma sempre connesso alla ricerca del selfie perfetto. Che è poi quello che porterà più reazioni, di stima o sdegno non ha importanza. Perché “we can be heroes just for one day”. L'anonimato è così diventato la vera tragedia, la sconfitta sociale di oggi. Ma a tutto c'è rimedio. Basta avere uno smartphone in tasca, nessuna remora morale e probabilmente tanta solitudine.

fm

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