Edizione in nero, in segno di protesta. “La democrazia è morta”, per La Serenissima, oggi in edicola a lutto. Il direttore Gian Maria Fuiano spiega come tutti quanti abbiano scritto negli ultimi mesi per il suo giornale, siano stati messi sotto inchiesta dal tribunale sammarinese. “Siamo stati obbligati a uscire a lutto – dice Fuiano - dopo una accusa forte come quella arrivata ai nostri collaboratori, doveva arrivare una risposta altrettanto forte. I nostri collaboratori sono, o giovani ragazzi che vogliono iniziare il mestiere e il giornale li deve testare, oppure, professionisti con un proprio mestiere, esperti in qualche settore e che offrono approfondimenti sulla base della loro professionalità”.
Tutto è partito dall'esposto di un Segretario di Stato, del quale omette il nome. Il fascicolo, in mano al commissario Roberto Battaglino, ipotizza l'esercizio abusivo della professione. Le indagini della Polizia Giudiziaria sono partite a inizio mese e vanno a ritroso, dal marzo dello scorso anno.
“Sono già stato convocato tre mesi fa – spiega ancora Fuiano - e presumo che la linea sarà la stessa. So che alcuni collaboratori si sono accordati per andare dallo stesso avvocato e intentare una sorta di class-action”. Richiama la Carta Ue sottoscritta dalla stessa Repubblica, sulla "libertà di espressione e di informazione". Annuncia ricorso alla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo e chiede l'intervento della società civile in difesa della libertà di stampa.
Dal Congresso, replica il Segretario all'Informazione, Teodoro Lonfernini: “La democrazia non è morta – dichiara ai nostri microfoni - anzi è molto viva. Ma tutti ne devono interpretare le logiche. Invito – aggiunge - non solo a correggere il tiro, i modi e toni, ma soprattutto a rispettare ogni forma delle regole democratiche e, attraverso quelle, fare ogni forma di attività, anche giornalistica e informativa”.
Invito al “rispetto della legge e all'obbligo di iscrizione nei registri per svolgere la professione, ma anche al rispetto del diritto di cronaca, opinione e critica”. La Consulta interviene così sull'episodio, parlando di un procedimento giudiziario “a strascico” verso tutti quelli che abbiano firmato interventi su un organo di informazione, anche privati cittadini, accusati di esercizio abusivo della professione. “Un approccio improntato a denunce sistematiche verso chi esprime la propria opinione, mai registrato prima – rileva la Consulta – e che genera clima intimidatorio capace di sopire o ledere il rapporto del lettore con i mezzi di informazione”.